Pezzo di ferro - western

Questo racconto è stato pubblicato nel nuovo libro di Farwest.it "Storie di Frontiera".
È un racconto western da una prospettiva... particolare.
Buona lettura!
 

PEZZO DI FERRO

Pezzo di ferro.
È così che mi chiamano.
Ma ho anch'io un'anima, sapete?
Sì, lo so, lo so. Tante sono le morti che ho causato. Quante tragedie... quante ferite.
Le prove contro di me sono schiaccianti, lo riconosco. Niente e nessuno può negare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che io sia stata direttamente e attivamente responsabile di uccisioni, omicidi, attentati... Sì, è vero, lo riconosco. Innegabile.
Tuttavia, vi prego di ascoltare la mia storia, al termine della quale capirete che, prima di giudicare, occorre andare a monte delle cause e delle concause. A monte. Molto a monte. La mia venuta al mondo, d'altra parte, era stato un atto d'amore, di fratellanza, frutto di un ideale di uguaglianza, di pace e prosperità. Doveva essere quello il mio destino. Non per niente, quando io nacqui, mi chiamarono... Peacemaker.
Una cosa deve essere subito chiara. Il signor Mason, mio padre, non può essere in alcun modo ritenuto colpevole delle uccisioni che hanno accompagnato me e le mie sorelle per tutta la nostra esistenza. Il buon vecchio Mason, nel suo ufficio, con carta matite riga squadra e goniometro, era la quintessenza dell'uomo pacifico e pacifista. Il mio stesso nome ne è la controprova. Io sono figlia della sua idea: che gli uomini, resi uguali, non potendo più approfittare delle superiorità fisiche elargite senza criterio dalla matrigna Natura, avrebbero smesso di sopraffarsi e di tentare di soggiogare i propri simili, giungendo presto alla creazione di una società di pari, dove la pace e il rispetto reciproco avrebbero costituito l'unica, logica, obbligata possibilità.
Purtroppo, come oggi sapete, le cose non andarono proprio così.
Lo so che Billy, il ragazzo, era amato da tutti. Lo so... anche a me piaceva. A tutte piaceva Billy, era impossibile non esserne affascinate. Il modo in cui ci trattava, la dolcezza e la grazia con cui ci accudiva... insomma, non si poteva non amare Billy. Inoltre, non era cattivo, era un bravo ragazzo, che avrebbe potuto vivere una vita normale, sposarsi, avere figli... se non fosse rimasto incastrato in quello stupido scherzo dei vestiti del cinese, che gli costò la prigione, e da lì... segnato come criminale, non ebbe più altra scelta che farlo, il criminale.
Questa è una questione importante, è qui che dovete meditare. Quando lo Stato è criminale, quando le sue leggi ti segnano come un criminale anche se non lo sei, non hai più scelta. Sei finito.
I messicani che passano il Río Grande senza permesso, per esempio. La legge dice che sono criminali ed essi, poveracci, non potranno mai svolgere un lavoro onesto, e non potranno far altro che comportarsi da criminali, per poter sopravvivere. Ma sto divagando.
Mi piaceva, Billy. E quando lo uccisi, sinceramente, mi dispiacque. Ma dovete cercare di comprendere. Quando hai qualcuno di fronte, e tiri il grilletto, non c'è più niente da fare, no? Impossibile tornare indietro.
Bene. Andiamo per ordine. Altrimenti non ci capite più niente. Cominciamo dall'inizio.
Nacqui ad Hartford, nel Connecticut. Stato civilizzato, nulla a che vedere con i territori senza legge dove mi toccò poi andare a parare, rigirata tra le mani di uomini senza scrupoli.
Non ricordo il giorno né il mese. Tuttavia mio padre, come ogni buon uomo scrupoloso, non mancò di segnare l'anno della mia nascita, che potete vedere voi stessi, qui, ben inciso in profondità sul mio fianco: 1872.
Eravamo in diverse, noi sorelle, e nostro padre, orgoglioso e fiero, fece bella mostra di noi presentandoci a tutta l'alta società della città; primo tra tutti, al suo datore di lavoro, il caro zio Samuel.
Devo dire, non senza una punta di giusta vanità, che piacemmo molto, fin dalla nostra tenera età.
Quando nostro padre ci vendette, lo confesso, ci restammo un po' male. Avremmo voluto continuare a sentirci coccolate in quelle sue grandi e morbide manone. Sempre tenute pulite, accarezzate, ben curate e, la sera, ben protette nei nostri comodi e soffici giacigli.
Ad ogni modo, per farla breve, evitandovi turpi e disgustosi particolari di tuguri puzzolenti, luride panche di legno marcito, strette guaine di cuoio ammuffito e lorde sporche mani di gentaglia abbietta e ripugnante, passando di mano in mano e di uomo in uomo, finii con l'essere acquistata, come compagna di viaggio, da un giovanotto tutto promesse e ambizione.
Lo so che ora Pat è inviso a tutti voi, per come si è comportato, e anche adesso, dopo quello che gli è successo, non riuscite ancora del tutto a comprenderlo né, tanto meno, a perdonarlo.
Tuttavia, al tempo, ve lo assicuro, era un vero gentiluomo del sud. La vita nella piantagione in Louisiana ne aveva affinato il carattere e le maniere. Infatti, appena mi ebbe con sé, per prima cosa mi ripulì per bene, gentilmente, con dolcezza, quindi mi fece riassaporare tutti gli antichi piaceri dei tempi di mio padre, di cui credevo aver persa la memoria. Fu come una rinascita.
Insieme ci spostammo nell'ovest, a caccia di bisonti.
Ah, a proposito, di quelli almeno non sono responsabile. Con le uccisioni dei bisonti io, parola mia, non c'entro assolutamente niente. Fu allora, però, che uccisi il mio primo uomo.
Una cosa stupida, assurda. Una questione di pelle...
Il mio Pat iniziò a litigare con un compagno di caccia, per via di alcune pelli dei bisonti che avevano appena abbattuto. I toni cominciarono a scaldarsi, finché a un certo punto quel tizio, di cui non ricordo neanche il nome, si avventò sul mio Pat con una accetta in mano.
Al mio uomo non restò altro da fare che estrarmi dalla fondina, puntarmi contro l'assalitore... e premere il grilletto. Io sentii nitido il cane abbattersi sulla capsula della cartuccia, accendersi le polveri, e un attimo prima di rinculare verso l'alto vidi chiaramente la pesante pallottola calibro 45 fuoriuscire dalla mia canna e iniziare il suo viaggio di morte.
Ancora fumante, tenuta dalla mano tremante di Pat, udii distintamente le parole del morente, sussurrate al mio uomo chino su di lui.
“Non so cosa mi sia preso... mi è andato il sangue al cervello, non ho capito più niente... assurdo... tu sei sempre stato un bravo compare... ti prego, perdonami... perdonami, Garrett...”
Quindi morì. Pat aveva le lacrime agli occhi.
Ci trasferimmo di nuovo, questa volta nel New Mexico, terra di nuove promesse e opportunità. Pat cercò di sistemarsi, trovandosi un'attività pacifica, e aprì un saloon. Fu lì che lui e Billy si conobbero. Ricordo ancora il loro primo incontro. I due si presero subito in simpatia, si capivano al volo, bastava che si scambiassero un'occhiata: Billy con gli occhi sorridenti e burloni, Pat con un'espressione facetamente seria, ed ecco che la sintonia e la connessione erano perfette. Non c'era bisogno di parole, tra loro.
Avremmo potuto goderci la relativa pace e tranquillità del saloon, ma compresi presto che, alla fine, nessuno può sfuggire al proprio destino. Se si è fatti in un certo modo, prima o poi ciò che si è dentro prende il sopravvento. Si vive come si è, e si muore come si è vissuti.
Il saloon stava stretto a Pat e la sua ambizione lo portò presto a impelagarsi nella politica. Non sono mai riuscita a capire perché gli uomini devono sempre dividersi in due fazioni, ma tale sembra essere la loro natura. Il mio Pat, quindi, prese la parte dei Democratici, i quali si opponevano ai Repubblicani dominanti, all'epoca. A Pat non interessava niente dei Democratici, ma dato che a comandare erano i Repubblicani, con le loro corti di connivenze e di gruppi di potere, l'unico modo che un nuovo venuto aveva per, come si è soliti dire, 'arrivare in alto', era mettersi con l'opposizione, sperando di incassare qualche buon vantaggio o qualche buon impiego nel cambio di guardia che si prevedeva sarebbe avvenuto. A parte l'ambizione, non è che Pat avesse poi particolari qualità o competenze per impegnarsi in politica, sempre che queste siano necessarie in quel settore, ma aveva una eccezionale abilità che mancava ai più: ci sapeva fare con me.
In poco tempo, e di questo riconosco appieno la mia responsabilità, la sua nomea di pistolero infallibile si diffuse per tutto il territorio. Lo sguardo di Pat si fece via via più freddo, il suo carattere via via più spigoloso e intrattabile, man mano che l'ambizione prendeva il sopravvento sulla natura di gentiluomo che avevo avuto modo di apprezzare ai tempi della piantagione.
Anche Billy, il ragazzo, se ne accorse. E cercò di mettere in guardia l'amico.
“Lasciali perdere, Pat. Non ne vale la pena. Ma li hai visti?” Billy posò il bicchiere di whisky appena vuotato sul bancone.
Era un afoso tardo pomeriggio, anche se eravamo alla fine di ottobre. Una cappa d'aria pesante si era messa da qualche giorno a soffocare uomini e animali, come un infausto presagio su ciò che stava per accadere al nostro futuro, mio e di Pat.
Pat si appoggiò con le mani sul bancone, da dove aveva appena servito da bere al suo amico. Gli indicò il grembiule che indossava, di cuoio macchiato e smunto.
“Io non sono nato per questo, Billy. Ma mi vedi? Dietro questo bancone io ci muoio. Voglio di più dalla vita.”
“Pat, io ti voglio bene. Ascoltami. Tu qui sei un punto di riferimento. Anche quando io sono lontano, in giro, a nascondermi, mi fa bene pensare a te, che sei qui, che hai un'attività onesta, un posto sicuro. Non mi va che tu ti sia messo a frequentare quella banda di politicanti. Loro vogliono solo il potere. Ma guardali! Nessuno di loro ha una professione, una qualità, una moralità. Non puoi aspettarti nulla di buono da certa gente. Ti useranno e poi ti getteranno in pasto ai porci loro simili.”
Pat inspirò profondamente, mettendosi ad asciugare dei bicchieri con uno strofinaccio. Stavo sempre al suo fianco, e sentii il suo corpo irrigidirsi, come a contenere una rabbia sopita.
“Tu dici bene, Billy. Ma intanto tu, la tua buona parte di fama e fortuna ce l'hai. Di te si parla in tutto il territorio, e anche nell'est. E io qui, in questa baracca, a marcire.”
Billy scosse la testa.
“Fama? Non sono famoso, Pat. Sono malfamato, è diverso. In quanto alla fortuna, quella ce l'hai tu, non io. Io sono sempre in cerca di soldi per poter mettere qualcosa sotto i denti. Invece a te, qui, i soldi li portano di continuo. La gente nei saloon non manca mai, è come una banca, anzi meglio.”
Pat alzò il sopracciglio destro.
“Vuoi fare a cambio?”
Billy lo guardò con tristezza.
“Farei a cambio volentieri, potendo. A me piacerebbe davvero smetterla con questa vita di fuggitivo, e trovarmi un lavoro onesto, rilassarmi un po', e magari, chissà, mettere su famiglia. Ma chi, come me, è segnato dalla legge, non ha più speranza, lo sai.”
“Perché non ti metti con noi, Bill? Avremmo bisogno di gente come te.”
“Un'altra fazione? No, grazie, Pat. Ne ho già avuto abbastanza. Non voglio più essere usato. Ed è proprio perché l'ho provato su di me, che ti consiglio di lasciarli perdere. Democratici, Repubblicani, sono tutti dei farabutti, dei ladri che hanno la legge dalla loro parte. Ne ho già fatta una di guerra, e anche lì ci sono stato tirato dentro, come quella volta con i vestiti del cinese.”
Billy abbassò il capo e lo scosse, evidentemente rimuginando sugli eventi di due anni prima. Aveva voglia di parlare, quella sera, aveva voglia di confidarsi con il suo nuovo amico.
“Quando uccisero il signor Tunstall, la persona più buona e pacifica che io abbia mai conosciuto, infierendo poi in quel modo macabro sul suo baio... beh, Pat, non ho potuto perdonargliela. Tunstall aveva cercato di insegnarmi il valore del perdono, ma non ci sono riuscito. Non quella volta, Pat.”
Billy abbassò gli occhi, come sopraffatto da un senso di vergogna per non aver avuto la forza di domare il richiamo della vendetta, per aver mancato agli insegnamenti di colui che era diventato, nei fatti, il suo padre adottivo.
“Già, brutta storia. Ci stanno ricamando sopra, Bill, lo sai? Dicono che non si può tollerare l'uccisione di uomini di legge.” Pat stava osservando Billy con la coda dell'occhio, come ad aspettarsi una reazione. Il suo corpo era sempre irrigidito, per niente rilassato.
“Bullshit, Pat. Quelli erano al soldo di quel criminale di Murphy. Il modo in cui uccisero il signor Tunstall, disarmato e inerme, e la dissacrazione che ne fecero, non ebbe nulla di legale. I tuoi nuovi amici dicono così perché vogliono farsi belli di fronte all'opinione pubblica, nel tentativo di vincere le prossime elezioni, lo sai anche tu.”
Pat versò un altro bicchiere a Billy e, mentre rimetteva il tappo alla bottiglia, gli sorrise in un ghigno.
“Comunque, Billy, le ferite sono ancora aperte. Uccidere un uomo di legge, anche se fosse stato un semplice vice sceriffo, per il popolino è sempre una cosa grave.”
Billy vuotò il bicchiere d'un fiato, quindi lo appoggiò sul bancone, ricambiando il ghigno a Pat.
“Io non ho ucciso nessun vice, Pat. Io ho sparato allo sceriffo.”
Pat versò altro whisky in due bicchieri, sollevandone uno verso Billy, invitandolo a un brindisi. Il suo corpo cominciò a rilassarsi.
“Amen.”
Gli eventi, in seguito, come sapete, precipitarono. Quando lo sceriffo Kimbell, legato a doppio filo con i Repubblicani, si dimise prima della scadenza del suo mandato, il bando repubblicano si trovò all'improvviso spiazzato e i Democratici, anche se mal preparati, decisero che era giunta l'occasione tanto attesa per la loro scalata al potere. La tentazione fu troppo forte per il mio Pat, il quale, sapendo che la sua stessa fazione non era ancora ben organizzata, ebbe buon gioco nel far valere la sua fama di pistolero e di proporsi alla carica di sceriffo. Pat promise subito che avrebbe ristabilito la legge e l'ordine in tutto il territorio, evidentemente senza pensare troppo alle conseguenze che tale promessa, nei fatti, avrebbe comportato per lui... e per me.
Legge e ordine, legge e ordine. Queste parole divennero il suo motto. Legge e ordine.
Il popolino ne fu subito entusiasta, i Democratici cavalcarono il fermento della cittadinanza e, senza altre carte a disposizione, non vi fu altra scelta per i maggiorenti locali che quella di nominare il mio uomo, Patrick Floyd Garrett, sceriffo della Contea di Lincoln.
Ah, ragazzi, avreste dovuto sentire, come sentivo io, al fianco di Pat, la dolcezza e la tranquillità del suo corpo, ora senza più alcuna rigidità, un corpo quasi fluido tanta era la felicità che fisicamente potevo percepire diffondersi da ogni nostro punto di contatto.
Ora immaginatevi la scena: il mio uomo, seduto nell'ufficio dello sceriffo, le gambe incrociate sulla scrivania, gli speroni degli stivali di cuoio conficcati negli avvisi di taglia disposti a mazzi sul ripiano del tavolo, il corpo leggermente sbilanciato all'indietro sulla sedia inclinata, un vestito nuovo appena comprato: giacca nera lunga fino alla fondina, camicia bianca con cravattino di pelle nera, panciotto nero a righine bianche, pantaloni a righe bianche e nere, cappello a tesa larga, nero. Un vero figurino.
Pat stava toccandosi la stella, appuntata sul bavero, con la mano sinistra, mentre con la destra accarezzava il mio calcio.
Ecco, quello fu l'attimo, fu l'istante, fu l'unico momento della nostra piena felicità.
E fu davvero un istante, tanto intenso e pieno quanto fugace. Fu davvero un solo momento.
Tre uomini entrarono senza bussare, e senza tante presentazioni si sedettero di fronte a Pat.
“Bene. Eccoci qui. Spero che avrai avuto modo di acclimatarti, in questi giorni dopo la nomina.”
Il tizio che aveva parlato aveva un volto privo di espressione, gonfio, come gonfio era il resto del corpo. Neanche il tono di voce aveva espressione. La piccola bombetta di feltro grigio chiaro stonava con la sua giacca di tartan verde e giallo, così come stonava con il suo volto grasso. Gli occhi, in cambio, erano piccoli scuri e cattivi. Quelli sì, avevano espressione. Potendo, gli avrei regalato volentieri due palle calibro 45, una per occhio. Ma senza la volontà del mio uomo, e vi prego di tenere questo presente, nel prosieguo del mio racconto, io sono solo un inutile pezzo di ferro.
“Dobbiamo agire subito. I Repubblicani stanno già manovrando per metterci i bastoni fra le ruote. Il tuo motto è stato 'Legge e ordine', no? Bene. Dobbiamo metterli di fronte a risultati incontestabili.”
Pat tolse le gambe dal tavolo, si raddrizzò sulla sedia e allungò la mano verso gli avvisi di taglia.
L'omino gonfio lo fermò con un cenno agitato della mano destra.
“Lascia perdere quelli. Anzi, alcuni di loro potranno servirti per darti una mano, ne conosco due o tre.”
Gli altri due presenti, magri e asciutti, vestiti in abiti ordinari, rimasero taciturni e immobili. Ma i loro occhi avevano la stessa luce calcolatrice e fredda di quelli del tizio con la bombetta. E io non potei fare a meno di pensare che di palle da 45 ne avevo giusto sei, nel mio tamburo. Giusto una per ogni occhio. Ah, se avessi potuto. Avrei salvato Pat. Non tanto da quei tre loschi figuri, ma da se stesso.
A questo punto, forse, potrà interessarvi sapere, per capire meglio il carattere del mio uomo, che Pat teneva il mio tamburo completamente carico, mentre i vari pistoleri, per ragioni di sicurezza, erano soliti tenere vuota la camera sottostante il cane in modo da evitare spari accidentali, restando quindi con solo cinque colpi disponibili. Per il mio Pat l'unica sicurezza era avere un vantaggio, anche se di un solo colpo, sui possibili avversari. Gli eventuali incidenti di percorso non lo turbavano minimamente. Questo dovete tenerlo ben presente: la sua ambizione non ammetteva altro che una totale dedizione al raggiungimento dei suoi obiettivi. Così, forse, riuscirete a comprendere gli eventi che sto per narrare.
Pat rimase dunque con la mano ferma sopra gli avvisi di taglia, squadrando il tipo con la bombetta in modo interrogativo. Questi non si fece pregare e continuò.
“I fatti successi qui due anni fa bruciano ancora. I Regolatori sono ancora liberi, e questo è inaccettabile. Vanno presi e assicurati alla giustizia.”
“La questione è un po' più complessa, dovreste saperlo.” Pat smise di accarezzarmi il calcio, ma la mano era ancora posata su di me. “Insomma, non è un segreto che il clan di Murphy ricettava il bestiame dai razziatori, per poi rivenderlo a buon prezzo al Governo e alle agenzie indiane, grazie anche ai suoi appoggi politici. In quanto allo stesso Murphy, sappiamo tutti che era il capo del crimine organizzato, qui. È vero, i Regolatori poi hanno commesso...”
Il tizio con la bombetta lo interruppe.
“Senti, Pat. Te la spiego più facilmente. I Regolatori sono dei cani sciolti, che hanno sempre reso ridicoli i tentativi dei Repubblicani di far valere la legge nel territorio. Non possiamo permetterci che ridicolizzino anche noi, saremmo finiti prima ancora di cominciare. La tua carriera, che si preannuncia brillante, sarebbe stroncata sul nascere.”
Il corpo di Pat tornò a irrigidirsi. Da quel momento in poi non si rilassò mai più.
Ma Pat doveva ancora subire l'affondo finale, sputato come veleno dal tizio con la bombetta.
“Soprattutto McCarty ci interessa, Pat. La sua fama e il suo seguito sono un pericolo per noi. Lo stesso Governatore, di tasca propria, ha messo cinquecento dollari per la sua cattura. Cinquecento dollari, Pat, tutti per te.”
Se possibile, il corpo di Pat, già teso come un arco, si irrigidì ancora di più. Mi parve quasi di esplodere, lì, dentro la fondina. Come ben sapete, McCarty altri non era che Billy, il ragazzo, il quale era diventato amico fraterno di Pat.
Il tizio con la bombetta prese quindi gli avvisi di taglia, li sfogliò, poi ne trasse alcuni mettendoli di fronte a Pat.
“Questi sono abbastanza duri. Radunali. Il giudice, qui, penserà a nominarli tuoi vice.”
L'uomo con la bombetta indicò con un cenno uno degli uomini accanto a sé, rivelandone così il ruolo. Il tizio chiamato in causa non disse nulla, si limitò a un cenno di assenso col capo. Apparentemente non gli faceva né caldo né freddo che il suo compare, bombetta e giacca tartan, fosse in buoni rapporti con alcuni dei peggiori criminali del luogo. Non più caldo né più freddo del fatto che egli, giudice, avrebbe presto trasformato quei criminali in uomini di legge, in modo che i loro prossimi omicidi avrebbero avuto la parvenza di legalità necessaria ad assecondare le mire del suo bando politico.
Così come erano entrati, i tre se ne andarono.
Pat restò seduto, immobile, per un tempo lunghissimo. Se Apolinaria, la sua seconda moglie, sorella della defunta Juanita, prima sposa del mio uomo, non fosse giunta in ufficio a vedere se avesse bisogno di qualcosa, sono sicura che Pat sarebbe rimasto immobile, con lo sguardo fisso verso lo spazio prima occupato dai tre emissari del diavolo, per tutta la notte.
Pat si alzò, andò verso Apolinaria e l'abbracciò. Poi la tenne, con le mani alle spalle, leggermente scostata da sé, in un modo dolce e intenso. I loro occhi indugiarono nello sguardo reciproco.
“Dovrò andarmene per qualche giorno. Dietro a dei criminali.”
Gli occhi di Apolinaria si velarono di tristezza, ma ella abbozzò un sorriso forzato e fece ripetuti cenni d'assenso con il capo. La brava donna sapeva quanto fosse importante quel lavoro per il marito, e non avrebbe mai fatto nulla per impedirgli di dedicarvisi completamente.
'Dietro a dei criminali', aveva detto Pat. Conoscendolo come l'ho conosciuto io, sono certa che si riferisse più alla sua posse, che ai Regolatori che doveva assicurare alla giustizia.
Insomma, sapete cos'è una 'posse', no? Un gruppo di volontari, radunati da uno sceriffo, nominati vice sceriffi da un giudice, a caccia di criminali per un periodo limitato. Il problema, con la 'posse', è che spesso i criminali sono proprio loro, e la caccia ai fuorilegge si trasforma presto in una serie di linciaggi gratuiti e crudeli. Non che i Regolatori fossero di un'altra pasta, questo è chiaro. Formatisi per vendicare il brutale assassinio del signor Tunstall e per difendersi dalle bande criminali di Murphy, fecero anch'essi presto a oltrepassare il limite della legalità e della giustizia. Ma, d'altra parte, era questo il West, signori miei. Non solo questo, d'accordo, ma anche questo.
Un fallimento, se vogliamo, degli ideali di mio padre, il signor Mason, e del buon vecchio zio Samuel. Secondo loro gli uomini, a parità di forze, non avrebbero avuto altra scelta che quella di vivere in pace. Lo conoscete anche voi il vecchio proverbio, no? Quello che dice: “Dio creò gli uomini diversi, Colt li rese uguali”. Belle parole. Goody good bullshit! Sì, certo, la pace eterna, quella sì. Quella sono brava a darla. In quello tengo fede al mio nome. Peacemaker... rest in peace!
Ok, Ok, lo so. A voi non interessano le divagazioni spirituali, le meditazioni, non vi interessa la filosofia, anche perché... ci son più cose in cielo e in terra, di quante ne sogni la vostra filosofia...
A voi interessano i fatti. Ed eccoli, i fatti.
Per un momento avevo sperato che Pat, ragionando a mente fredda, avrebbe rinunciato all'incarico, sottraendosi così allo sporco gioco che gli si era dipanato davanti.
Purtroppo, però, bombetta e giacca tartan era stato abile nel pungolare i punti deboli del mio uomo, che evidentemente conosceva bene: ambizione, sogni di ricchezza, sogni di potere.
Pat radunò in fretta la sua posse, rendendosi subito conto che, a parte i tizi degli avvisi di taglia, prezzolati e rivestiti di verginità legale, erano pochi i comuni cittadini intenzionati a dar la caccia ai Regolatori, non per codardia, ma perché li consideravano tuttora dalla parte del giusto.
Il tizio con la bombetta e i suoi degni compari avevano proprio fatto centro, nell'individuare in Billy e nella sua banda, e nel loro seguito popolare, l'unico ostacolo che li separava dal potere.
Ora, voi potete anche non crederci e, anzi, sicuramente non ci crederete, ma Pat voleva bene a Billy. Considerava il ragazzo quasi come un fratello minore. E se guardate agli eventi con occhi limpidi e animo puro, non potete non rendervi conto che Pat, il mio Pat, cercò in tutti i modi di non fare del male a Billy.
Il 19 dicembre, di quel maledetto 1880, uccidemmo O'Folliard. Senza tanti complimenti, lo ammetto. Di quell'uccisione io sono responsabile diretta. La mia palla da 45 lo prese in pieno petto, e fu la fine di quel francese che si era cambiato il cognome, fingendosi irlandese, per i begli occhi della sua donna, un tipetto tutto pepe che avrebbe sposato solo un conterraneo irlandese, e che quando scoprì la vera nazionalità del marito non ci mise neanche un secondo a piantarlo in asso.
Pat, facendo fuori O'Folliard, aveva voluto eliminare quello che era il membro più pericoloso della banda, nonché colui che aveva una profonda influenza su Billy. Senza di lui, Pat ne era sicuro, avrebbe potuto prendere Billy vivo.
Il secondo a cadere sotto i colpi della posse, il 23 dicembre, fu Bowdre, e in questo caso i vice appena nominati diedero il peggio di sé... facendo su di lui il tiro al bersaglio mentre il povero Charlie era uscito per dar da mangiare ai cavalli. I vice sceriffi continuarono a bersagliare il suo cadavere anche una volta a terra, fino a quando Pat, con voce grossa e adirata, intimò di cessare il fuoco. Fui molto triste per Charlie. Si era sposato da pochi mesi, con una giovane messicana, Manuela, e stava meditando di lasciare la banda di Billy per dedicarsi alla famiglia e a una vita onesta. Ma non riuscì neanche a passare il primo Natale di matrimonio insieme alla sua donna.
Stinking Springs, si chiamava quel posto. Mai nome fu più azzeccato. Tutto ciò che successe lì quel giorno puzzava di marcio e di morte.
Comunque, Pat riuscì a evitare ulteriori spargimenti di sangue. Lui e la sua posse avevano cinto d'assedio la casetta di pietra di Stinking Springs dove i Regolatori erano rimasti bloccati. Avrebbe potuto ordinare un massacro, invece si mise a cucinare la colazione su un fuoco da campo. L'odore del cibo fu sufficiente a far cambiare umore sia ai suoi vice sia agli assediati. Pat iniziò a scherzare a gran voce con Billy.
“Ehi, Bill. È il tuo vecchio amico barista che ti parla. Posso invitarti a far colazione insieme a me?”
“E io posso invitarti ad andare all'inferno, Garrett?”
I toni erano amichevoli e, alla fine, vista la situazione senza via d'uscita, la banda di Billy si arrese.
Vi potrà sembrare strano, sentire di uomini che si mettono a scherzare e a scambiarsi battute subito dopo un'uccisione, ma dovete contestualizzare i fatti, altrimenti rischiate di vederli con i vostri occhi appannati, e con le vostre menti ammorbidite, dai falsi ideali di quest'epoca moderna in cui la violenza fisica è stata sostituita da quella psicologica, spirituale, morale, che in modo subdolo vi sta affogando in un mare di pretesa tranquillità dove l'ignavia e l'inazione permettono ai vostri padroni di dominarvi senza sforzo, restando spesso nell'ombra, facendovi credere che state vivendo liberamente la vostra vita.
Per Billy, per Pat, per chiunque altro si trovasse lì allora, la morte non era che un semplice incidente di percorso. Era la vita che si erano scelti, e non ne facevano una questione troppo importante. Si nasceva, si viveva, si moriva, punto. Per gente come loro, morire con un proiettile calibro 45 nel petto era mille volte meglio che finire i propri giorni vecchi, stanchi, malati, con le lenzuola piene dei propri escrementi, senza più alcuna dignità.
Billy, come è noto, fu condannato per l'uccisione dello sceriffo Brady, il quale aveva preso a suo tempo le parti del clan di Murphy ed era stato responsabile della morte del signor Tunstall.
Fu condannato all'impiccagione, prevista per il 13 maggio 1881.
Ma questa è storia.
Ora, invece, vi dirò qualcosa io, che non è riportata in nessun documento ufficiale, in nessun rapporto degli uomini che al tempo si ponevano come difensori della legge.
Voi pensate davvero che Pat fosse un uomo senza cuore e che avesse in mente solo il potere e il suo proprio benessere, vero? Beh, in parte avete ragione. Ma Pat voleva bene a Bill.
Quel giorno, a Lincoln, verso la fine di aprile, Pat andò a trovarlo, nella stanza dove era rinchiuso in attesa del cappio.
I vice di Pat, Bell e Ollinger, stavano uno alla porta e l'altro dentro la stanza. Bell aveva la Colt alla fondina, ma Ollinger, incoscientemente, teneva la sua doppietta, carica, costantemente puntata verso Billy, il quale, legato e disarmato, ricambiava il truce sguardo del vice sceriffo con occhi beffardi e sorridenti. Pat fece cenno a Ollinger di uscire. Ollinger si alzò lentamente dalla sedia che aveva posizionato giusto di fronte a Billy, e guardò il ragazzo con un ghigno derisorio, mostrandogli minacciosamente la bocca della doppietta. Ollinger andava fiero del suo grosso fucile. Stupido pazzo. Non sapeva ancora che di lì a poco quella stessa doppietta, imbracciata proprio da Billy, lo avrebbe mandato a bussare alle porte del Paradiso.
Rimasti soli, Pat prese posto sulla sedia liberata da Ollinger.
“Senti, Bill. Io vado dal Governatore. Gli parlerò e gli spiegherò bene tutti gli eventi di Lincoln. Ti tirerò fuori di qui.”
“Lo hai detto ai tuoi amici Democratici?” Il sarcasmo di Billy era manifesto. “È tempo perso, Pat. Lascia perdere. Ci penso io, qui.”
“No! Tu non farai niente.” Il tono di Pat era deciso. “Sono io che ti ho portato qui, e ti ci ho portato vivo. Non devi tradirmi. Andrò da Wallace e vedrai che ti salvo il collo.”
Billy sbuffò scuotendo il capo.
“Ho intasato tutti gli uffici postali del territorio, con le decine di richieste di grazia che gli ho scritto. Il Governatore Wallace non mi ha neanche riposto. Perché dovrebbe, in fondo? Per non scucire i 500 dollari della taglia? Per lui io non sono nulla.”
“Ascoltami bene, ora, Billy. Ora non è il barista che ti sta parlando. Ti sta parlando un uomo di legge. L'omicidio dello sceriffo Brady è l'unico capo d'accusa rimasto di tutta la faccenda. Capisci? L'unico.”
“Già. E tutti gli altri, di entrambe le fazioni? Quelli si sono uccisi da soli?”
“Billy! Lascia perdere il sarcasmo. Dannazione! Ti dico che ho un piano. Ascoltami bene. Brady era legato alla cricca di Murphy, quindi alla fine non si è trattato di un semplice omicidio di un uomo di legge. Lo stesso Murphy è passato a miglior vita, e di tutti quelli che potevano avere influenza sul Governatore è rimasto solo il suo degno socio Dolan, ma Dolan non è neanche la metà della mente di quello che era Murphy. Di Dolan posso occuparmene io. È questo il discorso che intendo fare al Governatore. Gli farò capire che eliminerò anche l'ultimo granello di sabbia rimasto nell'ingranaggio della sua carriera politica, ma in cambio dovrà salvarti la vita. Certo, ti farai un po' di lavori forzati, magari nella nuova prigione di Yuma, in Arizona, così cambi aria, che non può farti altro che bene.”
“La prigione non fa per me, Pat. Dovresti saperlo. Non posso vivere in gabbia.”
Pat si sporse verso l'amico, quasi a sfiorargli il volto con il suo.
“Tu sei sempre stato accusato e imprigionato ingiustamente, ma sei sempre evaso, passando così ogni volta dalla parte del torto, fin dal tempo dei vestiti del cinese.” Pat scandì bene le parole. “Ora farai ciò che dico io, e tra un paio d'anni sarai un uomo libero.”
I due si fissarono in un lungo sguardo. Pat intenso e deciso, Billy con una sorridente luce beffarda negli occhi.
Pat si alzò, fece per andarsene, poi si fermò sull'uscio, voltandosi verso Bill.
“Quel capo d'accusa non regge, Billy. Non più di tutti gli altri. Riuscirò a farlo archiviare, vedrai. Ti fidi di me?”
Il sorriso di Billy era, come sempre, disarmante e affascinante.
“Di te mi fido, Pat. Di te.”
Che ci crediate o no, signori miei, è questo che è successo, è questo che è stato detto, è questo che era Pat Garrett.
Partimmo alla volta di Santa Fe. Pat era sicuro che avrebbe potuto convincere il Governatore, anche perché questi, già nei mesi passati, aveva sostenuto la proposta di amnistia per tutte le persone coinvolte nella Guerra della Contea di Lincoln, in modo da chiudere una brutta pagina di storia che aveva tirato in ballo perfino l'amministrazione statale, le cui connivenze con la banda di Murphy erano venute alla luce in modo inequivocabile.
Vi lascio quindi immaginare la sua faccia, e io potei sentire che il suo corpo in quel momento divenne duro come l'acciaio, quando uno strillone passò davanti al nostro cavallo sventolando un foglio di giornale appena stampato.
“IL BANDITO McCARTY SI LIBERA UCCIDENDO DUE VICE SCERIFFI! EDIZIONE STRAORDINARIA! McCARTY FUGGE CON L'APPOGGIO DELLA POPOLAZIONE LOCALE! McCARTY EVADE DALLA PRIGIONE DELLO SCERIFFO GARRETT! TUTTI I DETTAGLI NELL'EDIZIONE STRAORDINARIA DEL SANTA FE NEW MEXICAN!”
Le urla dello strillone rimbombarono nella Main Street di Santa Fe come dei rintocchi di campana a morto. Sentii, come trasmessomi dal corpo di Pat, che quel tradimento non sarebbe mai stato perdonato.
Pat, impassibile, girò il cavallo, e tornammo a Lincoln.
Molti di voi, ancora oggi, credono che Billy avesse fatto perdere le proprie tracce, e che a Pat ci vollero mesi prima di riuscire a mettergli il sale sulla coda.
No, non fu così. Pat conosceva bene Billy, sapeva esattamente dove avrebbe potuto trovarlo. La verità è che il mio buon Pat, nonostante il tradimento subito, volle dare a Billy l'ultima occasione. Attese tre mesi, e ogni giorno sperò che Bill gli si consegnasse, e che magari gli chiedesse perdono. Le voci sulla lunga caccia e sulle varie peripezie furono poi divulgate ad arte da Pat stesso, per nascondere quella che sarebbe apparsa ai più come un'imperdonabile debolezza del suo carattere.
Dopo tre mesi, la rabbia, l'amarezza e la delusione avevano definitivamente preso possesso dell'anima del mio uomo.
Quella sera, quel nero 14 luglio 1881, quando uscimmo, sapevo che il mio destino era segnato.
Verso mezzanotte giungemmo a casa di Paulita, la donna di Billy.
Pat si sedette nel portico, nell'oscurità. La cosa fu rapida, semplice, spietata.
Dopo aver fatto l'amore, Billy uscì a prendere una boccata della fresca aria notturna. Si accorse dell'ombra di Pat, ma non lo riconobbe. Infatti parlò in spagnolo, pensando evidentemente che si trattasse di qualcuno dei dintorni.
“¿Quién es?”
Pat non si mosse.
“¿Quién es?” ripeté Billy.
Senza una parola, Pat mi estrasse, mi puntò e tirò il grilletto.
Le stesse sensazioni di sempre: il cane che si abbatte sulla capsula, le polveri che prendono fuoco, la palla calibro 45 che inizia il suo viaggio mortale. Ma questa volta sperai fino all'ultimo che qualcosa potesse andar storto; che la capsula fosse difettosa, che le polveri non si incendiassero, che la palla deviasse in una traiettoria errata. Ma non successe nulla di tutto questo. Io ero perfetta. Quando la palla uscì dalla mia volata, vidi con chiarezza che avrebbe preso Billy in pieno petto, senza scampo. Fui contenta del rinculo che mi sollevò verso l'alto: mi avrebbe risparmiato la visione dell'ultimo momento della vita terrena di Bill. Tuttavia, Pat tornò a puntarmi e fece fuoco una seconda volta. Il secondo colpo avrebbe mancato completamente il bersaglio, me ne accorsi subito, ma io ebbi il tempo, soffrendo indicibilmente, di vedere il corpo senza vita di Billy che ricadeva su se stesso.
Pat ristette immobile, ancora seduto, con me fumante in mano, interminabili momenti. Poi mi rimise nella fondina.
Giaceva sul nudo legno del porticato, ripiegato con le gambe raccolte in grembo, il corpo senza vita di Henry McCarty, che tutti noi chiamavamo, con affetto, Billy The Kid.
Quel giorno Pat non uccise solo un uomo, non uccise solo un amico. Uccise anche se stesso.
Nel preciso momento in cui Billy morì, e io posso dirvi che l'ho sentito nitidamente, il corpo di Patrick Floyd Garrett fu abbandonato dalla sua anima, e divenne come un rigido pezzo di legno.
Quello che seguì, in fondo, fu semplicemente un limbo in cui Pat si trovò a percorrere lo spazio che separava la morte della sua anima da quella del suo corpo.
Osannato dai Democratici, tanto da diventare persino amico del Presidente Theodore Roosevelt, venne presto abbandonato, respinto e rinnegato, appena ci si rese conto che il suo seguito popolare si affievoliva sempre di più, a causa del suo carattere sempre più spigoloso, ma soprattutto a causa della sua dedizione alla legge, che lo portò di continuo a scontrarsi con i gruppi di potere intrallazzati con la politica. Pat perse continuamente le elezioni alla carica di sceriffo, e venne allontanato da tutti, salvo essere richiamato nei casi criminali più difficili, dove ebbe modo di farsi potenti e pericolosi nemici: allevatori facoltosi, uomini di legge corrotti... insomma, tutte cose che sapete.
Pat sapeva fare il suo lavoro di sceriffo, sapeva andare alla radice e alle motivazioni reali degli eventi criminali. Era bravo. Troppo bravo.
La sua uccisione fu un brutale assassinio, ben organizzato da gente potente che si sentiva minacciata dalle sue investigazioni. Ma non lo uccisero subito, no. Prima lo rovinarono finanziariamente, negandogli i cinquecento dollari di taglia su Billy, cavillando sul fatto che si era parlato di cattura e non di uccisione, quindi truffandolo nelle sue proprietà, intervenendo pesantemente nella loro amministrazione in qualità di creditori, approfittando del fatto che Pat, ridotto in miseria, si era dovuto indebitare fino al collo per poter sopravvivere e mantenere la numerosa famiglia; poi lo screditarono moralmente, esagerando la sua passione per il gioco d'azzardo e dipingendolo come un ubriacone; insomma, gli fecero terra bruciata, lo isolarono. Quando anche il Presidente Roosevelt gli voltò le spalle, quello fu il momento.
Criminali assassini e codardi, non ebbero neanche il coraggio di affrontarlo da uomini.
Pat stava cavalcando insieme a quelli che lo avrebbero assassinato, parlando di acquisti di terreno, di affari.
“Scusate un attimo, gente. Quando scappa, scappa.”
Fermò il cavallo, scese, si sbottonò i pantaloni e si mise a orinare.
Io me ne accorsi, nel momento in cui le due pallottole entrarono nel suo corpo. La contrazione che sentii fu terribile. Colpito a morte, Pat ebbe il guizzo di sfiorarmi il calcio, ma la vita aveva definitivamente abbandonato il suo corpo.
Glielo aveva detto, Billy: “Ti useranno e poi ti getteranno in pasto ai porci loro simili”.
Ed ora eccomi qui, di fronte a voi. Pronta a rispondere di tutto il male che ho causato.
Sono colpevole? Sono malvagia? Sono la causa dell'indole violenta dell'uomo? O ne sono la conseguenza?
Una cosa sola io so.
Io sono quel che sono. Nel bene e nel male, che mi piaccia o no, io sono un pezzo di ferro.

Cesare Bartoccioni
marzo 2014

Nota finale: tutti gli eventi narrati in questo racconto corrispondono alla verità storica. I dialoghi invece rispecchiano la mia interpretazione di tali eventi. Il colloquio tra Pat e Billy, durante la prigionia di quest'ultimo a Lincoln, è di mia invenzione, ma segue il verosimile filo logico risultante dall'analisi del diverso comportamento tenuto da Pat prima e dopo l'evasione di Billy. Si tratta solo di una mia ipotesi, prendetela quindi con il dovuto senso critico...

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