Deiandro - fantascienza

 Lavoro pesante...

DEIANDRO

Deiandro era pronto. Era perfetto. Beh, non gli cresceva la barba, ma per il resto non gli mancava nulla. Pronto a vivere la sua vita e a prendere in mano il mio destino...
Avevo lavorato duro, un impegno di oltre due anni, ed era finalmente giunto il momento di mettere alla prova tanta dedicazione.
In due anni, due lunghi anni, fitti di giorni senza un attimo di pausa e di notti insonni, avevo dato a Deiandro tutte le istruzioni necessarie.
Avremmo visto subito se erano stati due anni persi.
La prima prova doveva essere facile, una semplice passeggiata nel parco fino al luogo di lavoro, dove Deiandro avrebbe dovuto mettersi alla catena di montaggio della piccola fabbrichetta nella quale avevo passato trent'anni della mia vita, e nella quale non avevo più intenzione di tornare.
Deiandro fu eccezionale. Non solo attraversò il parco senza alcun problema, ma entrò nella fabbrica, timbrò il cartellino, salutò i miei colleghi con un bel sorriso smagliante, e si mise al lavoro al mio bancone, rispettando persino la pausa canonica del pranzo e andando pure al bagno due volte.
La prima settimana passò liscia come l'olio. Deiandro (che, sia detto tra parentesi, chiamavo solo io così) mi sostituì alla perfezione. Io rimasi nelle vicinanze, marcandolo a vista, per poter intervenire subito se fosse successo qualcosa di imprevisto.
Tuttavia, Deiandro si dimostrò all'altezza della situazione, ben oltre le mie più rosee aspettative. Cominciai quindi a lasciargli più libertà, anche perché mi ero presto accorto che riusciva, da solo, anche a prendere iniziative e a cavarsela nelle situazioni non strutturate come da programma.
La terza settimana, il venerdì, ci sarebbe stata una riunione con i fornitori, alla quale io avrei dovuto partecipare. Mandai però Deiandro, il quale non solo mi rimpiazzò egregiamente, ma si guadagnò anche gli elogi del capo ufficio per il modo in cui aveva brillantemente sostenuto le discussioni, ottenendo condizioni particolarmente vantaggiose per l'azienda.
Poco a poco, visti i progressi, iniziai a utilizzare Deiandro non solo per il lavoro, ma anche per le attività della mia vita privata che mi erano venute a noia, o nelle quali era necessario un dispendio di energie che io avevo deciso di non potermi più permettere.
Certo, all'inizio la mia mente fu lambita da quei sensi di colpa dovuti al modo in cui la società ha conformato le nostre esistenze inculcandoci forme e modalità comportamentali al di fuori delle quali siamo considerati deboli, stolti, o perfino impotenti. Ma fu solo un momento. Io ero forte della convinzione che l'uso della tecnologia avrebbe dovuto facilitarci la vita di ogni giorno, e non complicarcela. Quindi ero a posto con la mia coscienza. Ero fiducioso nel primato della scienza, ed ero sempre più fiducioso nelle capacità di Deiandro.
Tanto che cominciai a lasciarlo sempre più libero e sempre più indipendente. Mentre Deiandro prendeva il mio posto sempre più spesso e sempre più a lungo, e non solo al lavoro, io me ne andavo a pesca, a fare lunghe passeggiate, sparivo per mesi interi sulle montagne con la mia macchina fotografica e il mio telescopio.
Finché...
Successe.
Come dice la 'legge di Murphy'? 'Se qualcosa può andar storto, andrà storto.'
Andò storto.
E successe, chiaramente, nel momento più importante dell'anno commerciale della fabbrica. La Riunione Generale.
Deiandro era salito iperbolicamente nella considerazione dei miei superiori, tanto che gli era stato affidato il discorso di apertura. Avrebbe parlato di fronte ai dipendenti, agli azionisti, ai fornitori principali, alle autorità istituzionali, ai potenziali clienti chiave del prossimo esercizio.
Io, fiducioso, senza più né remore né dubbi, stavo arrancando felice e contento lungo un'erta salita sulla mia bici da corsa, pregustando già le foto eccezionali che avrei scattato una volta in cima al valico, il quale si stagliava di fronte a me, invitante.
Per mia fortuna, o forse per mia sfortuna, avevo alla cintola il monitor di controllo, dal quale, nonostante la cieca fiducia che mi aveva pervaso con totale certezza, non mi ero mai separato.
Bi-bi-bip! Bi-bi-bip! Bi-bi-bip!
All'inizio quasi non ci feci caso. Poi dovetti realizzare che il monitor stava 'bippando'! Non era mai successo prima... Non potevo credere alle mie orecchie. Stava 'bippando'!
Mi fermai. Osservai i dati. Era successo l'irreparabile. Quello che non avrebbe mai dovuto succedere. Avevo calcolato una probabilità su un milione quattrocentomila quarantasette, che tale situazione, l'unica irrimediabile, potesse avverarsi. Si era avverata. E chiaramente proprio nel momento clou dell'anno...
Girai la bicicletta, diedi l'addio alla vetta e alle mie riprese fotografiche, e mi precipitai a rotta di collo verso la città.

Signora?”
Sì?”
La voce al telefono era titubante, come se non sapesse come iniziare la frase.
Eh... signora, chiamo per suo marito.”
Sì, mi dica, chi è al telefono?”
La fabbrica.”
Sì, mio marito è lì da voi.”
Sì... ecco... beh... signora, c'è un problema.”
Dica, l'ascolto.”
Suo marito... si è sentito... male.”
Ma... come? È successo qualcosa?”
Beh, ecco... è difficile... per telefono. Abbiamo chiamato l'ambulanza, lo porteranno all'ospedale provinciale.”
Come? Che? Ma che dite?”
Beh... era alla conferenza, sa? Quella con tutti... stava parlando, e a un certo punto... insomma... la testa ha ruotato verso destra... molto... ed è uscito del fumo dalle orecchie... è successo altre volte, signora?”
Che??? Ma cos'è, uno scherzo telefonico? Guardi che la denuncio!”
No, guardi, signora, no. Insomma, meglio che venga.”
Io vengo, ma ho il suo numero sul display, se è uno scherzo faccio un casino!”

Deiandro giaceva sul letto dell'ospedale, la testa ruotata a quasi centottanta gradi verso destra, le orecchie ancora annerite dal fumo che ne era uscito.
Accidenti... era davvero successo...
Io ero entrato senza farmi notare, la tenuta da ciclista mi aveva aiutato a passare inosservato, e la barba lunga aveva impedito ai pochi sguardi che mi avevano incrociato di riconoscermi.
Dovevo agire in fretta.
Mi fermai di fianco alla sala d'aspetto dove mia moglie, i miei figli e alcuni miei colleghi stavano in attesa del verdetto del medico.
Il medico uscì dalla stanza dove Deiandro giaceva.
Signori... ecco...”
Dica, dottore, dica, non ci tenga sulle spine!” La voce di mia moglie era davvero commossa, come non l'avevo mai sentita prima. Mi fece una certa impressione...
Beh... ho allertato il centro medico regionale, manderanno degli... specialisti.”
Ma cos'ha mio marito, dottore?”
Eh... è difficile spiegarlo... non ho ancora potuto effettuare un esame completo, ma sembra che suo marito... insomma... non ha... battiti... temperatura... è come se il corpo fosse... inanimato...”
Dottore, questa non è una novità, è sempre stato così... Lo so benissimo cosa non ha. Ma mi vuol dire cos'ha?”
Approfittai del momento di attesa che si era creato nella sala d'aspetto, con gli sguardi degli astanti tutti fissi sul dottore che stava per emettere la sentenza, e mentre meditavo sul fatto che la sala d'aspetto è davvero fatta apposta per attendere, mi infilai, come un'ombra, non visto, nella stanza di Deiandro.
Rapido, veloce, senza tanti complimenti, tirai Deiandro giù dal lettino e ve lo infilai sotto, approfittando delle lunghe lenzuola ospedaliere che ne avrebbero ostruito la vista. Mi spogliai e mi sdraiai al suo posto.
L'esperimento poteva considerarsi concluso e fallito. Potei sentire la voce del dottore che, dopo una bella e sonora schiarita, diceva l'indicibile.
Signora, suo marito... non è umano.”
Anche questo l'ho sempre saputo, dottore, ma lasci perdere gli eufemismi e mi dica cos'ha!”
Signora... forse non mi sono spiegato bene... non è un eufemismo... Suo marito... Beh... inutile tentare di spiegare. Venite, venite dentro, guardate di persona.”
Entrarono tutti nella stanza, e non potei trattenere un sorriso quando vidi i loro sguardi increduli fissi su di me, mentre io li salutavo con gli occhi.
Ciao cara! Ma... che è successo? Dove sono?”
Il medico ebbe un sussulto, credetti che gli sarebbe venuto un infarto.
Ma... lei... è vivo!”
Certo, perché? Avrei dovuto essere morto? Ma mi volete dire cos'è successo e dove mi trovo?”
Mia moglie, le mani ai fianchi, lo sguardo corrucciato, mi gelò con un sibilo.
Ma tu sei andato alla riunione più importante dell'azienda con quella barba lunga?”
Uno dei colleghi, che era entrato nella stanza insieme agli altri, intervenne timidamente.
Ehm... signora, in effetti, stamattina non aveva la barba... Era perfettamente rasato.”
A questo punto si intromise il dottore, il quale aveva evidentemente deciso di dare un taglio definitivo a quella strana situazione che avrebbe potuto quasi sicuramente costargli il posto, oppure procurargliene uno nel più vicino manicomio.
Signori! Basta così! Lasciate perdere la barba. Credetemi, la barba è l'ultimo dei problemi.” Si rivolse quindi a mia moglie, con fare accademico.
Signora. Suo marito è fuori pericolo. Ora ha bisogno di riposo, quindi vi prego di lasciarci e vedrò di dimetterlo in giornata.”
Mentre il gruppo usciva dalla stanza io intervenni con la voce più stanca che potesse uscirmi dal petto.
Cara... potresti portarmi la mia valigia nera, vorrei cambiarmi prima di uscire.”
Mia moglie mi guardò e mi rispose con un cenno.
Rimasto solo, dopo che il dottore aveva effettuato una visita completa che lo aveva rassicurato sul mio stato di salute, e dopo aver ricevuto a mia volta la rassicurazione che sarei stato dimesso in serata, allungai una mano sotto il letto e accarezzai la testa torta della mia creazione. Il cervello positronico aveva fatto le bizze... ma, in fondo, non era andata poi tanto male.
Avrei infilato Deiandro nella valigia nera, grande abbastanza da contenerlo se lo avessi ripiegato per benino, e poi avrei, con comodo, ripreso il lavoro.

Cesare Bartoccioni
10 aprile 2015

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