DISSACRAZIONE
Il commissario Berti
e l'ispettrice Cipani camminavano lentamente l'uno di fianco
all'altra, in silenzio, come due turisti che stessero pigramente
godendosi la frizzante aria settembrina di Bruxelles.
In realtà il
rompicapo che avevano entrambi in testa non solo assorbiva la loro
completa attenzione, ma sembrava quasi che, a causa di una forza
misteriosa, risucchiasse la luce dai loro occhi e la forza dalle loro
membra. Le gambe si trascinavano sul selciato, i corpi avanzavano per
inerzia, come se trovassero la forza di muoversi soltanto grazie alla
leggera brezza mattutina salmastra che aveva invaso la città da
nord.
Berti pensò che
avrebbero avuto bisogno della presenza rassicurante e calorosa del
loro collega, il maresciallo De Pasquale, ma il buon uomo non ne
aveva voluto sapere niente, di quella strana missione.
“Commissa', a me
quello non è mai piaciuto, uno che va in giro a fare quelle cose,
lui e la sua cricca di intellettualoidi che la vogliono spacciare per
arte... Preferisco starmene qui a bastonare le cosche brianzole... ci
trovo più verità...”.
E non c'era stato
verso. D'alta parte, l'accettazione dell'indagine assegnata delle
autorità belghe a Berti, grazie alla fiducia derivante dalla nomea
internazionale che il commissario e il suo ufficio si erano
guadagnati in tanti anni di lotta alle infiltrazioni mafiose nel
profondo nord italico, era su base puramente volontaria.
Però, qui, la
criminalità organizzata sembrava non entrarci per niente. L'unico
collegamento tra la vittima e la mafia era soltanto la nazionalità...
Berti e la Cipani
camminarono dal municipio, lungo le tortuose strade acciottolate,
fino al bivio tra Rue de l'Etuve e Rue du Chêne. L'omicidio era
avvenuto nella piccola piazzetta ricavata nell'incrocio. Chiamarlo
omicidio era un eufemismo... Come aveva detto l'ispettrice guardando
le foto fornite dalla polizia belga? “Ma questa è una
dissacrazione!”
Già, non ci sarebbe
stato un termine più adatto.
L'uomo, l'artista,
il ballerino che aveva spopolato nelle piazze di tutta Europa,
ottenendo grandi successi e provocando polemiche altrettanto grandi,
era stato fatto a pezzi con una meticolosità che, non fosse stato
per il suo orrore, costituiva una perfezione anatomica assoluta.
La piazzetta ora era
pulita e ben curata, ma le foto mostravano che, al momento del
ritrovamento del cadavere, il selciato era completamente ricoperto da
un cupo strato rosso nerastro, le parti del corpo del ballerino
divelte in ogni singola giuntura e sparse per tutta l'area antistante
la fontana, il membro a suo tempo oggetto dei successi e delle
polemiche posto in modo di spregio nel centro perfetto dello spazio.
La testa non si era più ritrovata.
Berti e la Cipani
gironzolarono nella piazzetta, concentrando l'attenzione su ogni
ciottolo, ogni angolo, ritrovandosi infine ad ammirare la famosa
statuetta dell'innocente bimbo.
“Il ballerino
diceva sempre che la sua fonte d'ispirazione era stata il Manneken
Pis. Emblematico che sia successo proprio qui...” L'ispettrice
stava osservando il volto della statuetta con gli occhi socchiusi. A
Berti sembrò che l'espressione della Cipani rivelasse un certo
disorientamento, che mal si addiceva al dolce giada dei suoi occhi.
“Già... un
contrappasso degno di Dante.” La 'fontana
d'ispirazione', aveva
detto De Pasquale prima di declinare l'invito belga. “Ispettrice,
direi di andare a mettere qualcosa sotto i denti, posso avere l'onore
di invitarla a pranzo?”
La
Cipani fece un fluido e
aggraziato inchino di
accentuato gradimento.
In
pochi passi si trovarono al ristorante Le Funambule,
davanti a un succulento waterzooi innaffiato da due bei bicchieri di
Duvel... non era il caso di star leggeri.
Si
erano scelti un tavolo
appartato, dove avevano sparso le foto fornite
dalla scientifica belga. De
Pasquale diceva sempre che il loro mestiere non induriva solo la
pelle, ma anche lo stomaco...
“Quindi”,
Berti guardò le foto con il boccale in mano, “la scientifica non
ha rilevato impronte, né la presunta arma del delitto, né ferite
compatibili con armi da taglio o altri utensili”.
“Già...”,
la Cipani si versò un po' di pollo, panna e carote nel piatto, “le
membra sembrano essersi separate senza un'apparente spiegazione: ogni
falange, ogni cartilagine, ogni giuntura, tutto disgiunto e sparso
con una impressionante regolarità per
tutta la piazzetta.”
I
due continuarono a osservare le foto, consumando lentamente il
pranzo, senza parlare. Le
parole erano superflue; la
connessione stabilitasi tra
loro in tanti anni di lavoro era totale.
La
Cipani si irrigidì all'improvviso. Il giada dei suoi occhi
spalancati filtrò attraverso la birra di Berti, che restò con il
boccale inclinato sospeso a mezz'aria e posò lo sguardo sulla foto
che l'ispettrice stava indicando.
La
foto era stata scattata
dalla parte opposta alla statuetta. Le membra del ballerino
occupavano tutto il primo piano, risaltando pallide sul bruno tappeto
di sangue. Sullo sfondo, il Manneken Pis sembrava osservare la scena;
un ghigno luciferino si stagliava diabolico sul suo volto.
Nella
piazzetta, il Manneken Pis aveva una simpatica espressione sorniona.
Nella
foto, il Manneken Pis stava ridendo in
modo terrificante.
Cesare
Bartoccioni
19
agosto 2015
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