Ispiratomi da uno strano dipinto del "Ritratto di Dorian Gray" desde mi amigo Marco(s).
LO
STRANO CASO DEL DR S. E MR M.
La
festa
“Buon compleanno, cavalie'.”
La faccia bonaria e gli occhi
sorridenti, anche se piccoli, dietro gli immancabili occhialini
rettangolari, misero subito di buon'umore il Dr S. E dire che non
avrebbero avuto molto di cui sorridere, quegli occhi, dati gli ultimi
avvenimenti. Accuse, denunce, delazioni... eppure il suo fidato
braccio destro non aveva perso la sua proverbiale allegria.
Il Dr S. soffermò lo sguardo sul
grosso libro che il collaboratore gli tendeva ammiccando. La
copertina in pelle marrone, dura e consumata, ne rivelava
l'antichità, confermata dalle pagine di pergamena ingiallita che si
potevano già immaginare, guardandole anche solo di taglio, piene di
macchie e consunte dal tempo.
“Grazie, caro amico, grazie!” Il
Dr S. accolse il libro nelle sue mani, e subito se lo poggiò in
grembo, dato il notevole peso. Se ne intendeva un po', di libri
antichi, ma questo non era il solito in quarto
di quelli che si possono trovare dagli antiquari ben forniti. Era un
pieno in folio,
enorme. Sentì il corpo sprofondare sul divano dove era comodamente
seduto, e da dove stava
ricevendo
i vari conoscenti, amici e collaboratori che venivano man mano a
rendergli omaggio per il suo settantesimo compleanno.
Le
ragazze sarebbero venute dopo, per la seconda parte della festa.
Già...
le ragazze. Una grossa spina nel fianco del Dr S.
Sembrava
che il mondo si fosse rovesciato, che una strana e sospetta aria di
puritanesimo si fosse impossessata del popolo, della stampa, dei
benpensanti che pure l'avevano sostenuto fino a quel momento nella
sua carriera. Insomma... avrebbero dovuto approvare con entusiasmo
il fatto che uno, alla sua età, potesse ancora... invece no. Eh, l'invidia.
L'aveva sempre detto. Il problema di questo Paese è l'invidia!
“Leggilo
bene, cavalie'.” Il collaboratore si avvicinò, con fare
cospiratorio, fino a sussurrare: “Questo è il pezzo più prezioso
della mia biblioteca. È un testo unico. Contiene
un segreto inestimabile.”
Il
Dr S. sorrise all'amico, al collaboratore di sempre, a colui che
l'aveva sostenuto fin dai primi passi nel mondo dell'economia e, poi,
della politica.
“Sto
dicendo sul serio, dotto'. Lo riservavo per me, per un'occasione,
ma... gli ultimi eventi mi hanno fatto capire che per me è finita.
No, no...” si affrettò a dire vedendo lo sgomento negli occhi del
Dr S., “non in quel senso... voglio dire, professionalmente,
politicamente. Ma per te, dotto', per te no!”
Si
strinsero calorosamente la mano. Il Dr S. si alzò dal divano, lo
abbracciò e lo baciò sulle guance e sulla fronte.
“Stai
pur certo che lo leggerò stanotte stessa. E stai pur certo che ti
sosterrò sempre, come tu hai sempre sostenuto me.”
La
festa continuò. Qualche amico vero, qualche collaboratore solerte,
qualche collega stimato. E una corte infinita di questuanti, che al
Dr S. sembrava
avessero una coda scodinzolante e la lingua a penzoloni ogni volta
che gli si avvicinavano. Ma tant'è. Questo è il risvolto del potere
e della ricchezza, aveva sempre pensato, e bisogna sopportarlo. Di
certo, di quella massa di leccapiedi, pur riconoscendone
i vantaggi economici e
politici, non aveva nessuna stima.
Finita
la festa, tornate a casa le ragazze, dopo che a ognuna era stato dato
il suo, felici e contente, il Dr S., solo, solitario, in quella casa
troppo grande e silenziosa, si sedette e prese il libro antico e
pesante, il regalo più gradito della serata. Iniziò a leggerlo.
Si
può fare
Il
telefono squillò decine di volte, prima che la mano stanca prendesse
la cornetta avvicinandola all'orecchio. La sveglia accanto al
telefono segnava le 5.
“Ma
chi cazz... a quest'ora, manco dormire si può...” borbottò.
“Pronto, ma chi è?”
“Sono
io.”
“Oh,
cavalie'... tutto bene?”
“Ho
letto il libro.”
Il
silenzio che seguì sembrava non dovesse mai finire, e
portò con sé una mutua comprensione.
Due
ore dopo erano di nuovo insieme, nella stessa sala della festa, tutta
ordinata e ben pulita.
“Hai
fatto la prova, eh, dotto'?” Lo sguardo era calmo, allo stesso
tempo triste e soddisfatto.
“È
per questo che ti ho chiamato, amico mio. Fino a quel punto era stata
solo una lettura interessante, anche se complessa, poi... invitava a
provare la formula.”
“È
quello?” Il collaboratore indicò sopra il tavolo, al centro della
sala.
“Sì.”
Il Dr S. si mosse verso il tavolo e iniziò ad accarezzare il
barboncino bianco che se ne stava acquattato sopra. “Tu
l'hai provata?”.
“No...
non ne ho avuto mai il coraggio. Ma non avevo dubbi che tu...”
“A
me non è mai mancato, il coraggio. Lo sanno tutti. È anche per
questo che mi odiano. Ma ora...”
“Come
pensi di...”
Il
sorriso a 32 denti del Dr S. illuminò la stanza. Il barboncino
abbaiò. Il Dr S. lo guardò.
“Il
suo primo latrato.” Tornò a volgere lo sguardo al collaboratore.
“Se la formula piccola ha funzionato...”
L'espressione
del collaboratore stava lentamente passando dalla tristezza
all'impaccio, finché sul volto gli si delineò, netta, la paura.
Evidentemente non avrebbe mai davvero creduto di avere un giorno, di
fronte a sé, la prova che il libro fosse veritiero,
nelle sue formule, nei suoi tracciati, nei suoi rituali.
“Vuoi...
vuoi provare quella della... creazione?”.
Il
Dr S. sorrise in un ghigno che, nel suo volto, risultava sempre
simpatico.
“Non
sono così megalomane, anche se molti pensano il contrario. No, amico
mio. Mi basta la 'sostituzione'.”
Il
collaboratore socchiuse gli occhi. Stava iniziando a capire.
Il
Dr S. attraversò la stanza fino a giungere a un leggio che si era
fatto portare per l'occasione e sul quale il grosso volume era
adagiato, aperto. Accarezzò il libro con un rispetto e un'attenzione
che il collaboratore non gli aveva mai visto avere verso nessun altro
oggetto, per quanto prezioso, che avesse mai posseduto. Poi si
rivolse risoluto verso l'amico di sempre.
“Ho
già annullato tutti gli impegni di oggi. Mettiamoci al lavoro. Deve
essere pronto per domani sera.”
Il
collaboratore spalancò gli occhi. Aveva capito. La sera
dell'indomani il nuovo Primo
Ministro sarebbe venuto al
Palazzo, alla residenza del Dr S., per un primo
incontro sulle riforme.
Mr
M.
“Gli
manca la parola.”
“È
incredibile, dotto'... una copia perfetta.”
I
due rimasero a guardare, in silenzio, rapiti, il frutto del lavoro
delle ultime 10 ore. Avevano ripetuto rituali, formule, obbedito
ciecamente alle istruzioni sulle azioni da compiere, sui materiali da
posizionare, sulla disposizione degli oggetti. E non avevano
sbagliato niente. Il corpo, in piedi, di fronte a loro, era una
perfetta riproduzione, fin nei minimi particolari.
Fu
il collaboratore a rompere il silenzio.
“Manca
l'ultima parte della formula...”
“Hai
paura che non funzioni, eh?” Il Dr S. mosse lentamente il capo in
una serie di cenni affermativi, continuando
a guardare il 'sostituto'.
“Funzionerà.”
La
certezza, il decisionismo, la sicurezza, erano qualità che l'amico
di una vita aveva sempre
invidiato nel
Dr S. Qualità per le quali l'aveva sempre stimato e ammirato.
Il
Dr S. si volse verso il
collaboratore, gli si avvicinò lentamente e gli mise una mano sulla
spalla.
“Vai
a riposare, ora. Sarai stanco. Ti ho fatto preparare una camera, di
sopra.”
Il
collaboratore fece cenno affermativo con il capo. Era davvero stanco,
come non lo era mai stato in vita sua. Si ritirò nella stanza che il
Dr S. gli aveva riservato.
Rimasto
solo, il Dr S. si accostò al corpo, allungò la mano e lo accarezzò,
come se fosse un figlio.
Fino
al giorno prima si era sentito spacciato, alla vigilia del
settantesimo compleanno. Era
stato sempre attaccato in ogni modo, durante tutta la sua carriera
politica, ma fino a quel momento aveva sempre superato indenne le
varie tempeste. Questa volta, invece, la combinazione
di accuse, delazioni, rivelazioni
e pruriti puritani sembravano averlo messo davvero alle corde.
Poi
era venuto il libro.
Ora,
di fronte a sé, aveva lo strumento della riscossa, aveva il congegno
che gli avrebbe preparato la nuova discesa in campo, aveva la chiave
che, per la prima volta davvero nella sua carriera, gli avrebbe
aperto tutte le porte.
La
sostituzione
Il
Primo Ministro arrivò puntuale. Il Dr S. lo accolse amichevolmente,
dando disposizioni affinché il personale di Palazzo si occupasse
delle guardie del corpo e degli accompagnatori del Capo del Governo.
Esauriti i convenevoli di rito, il Dr S. invitò il Primo Ministro
nello studio, per discutere a quattr'occhi dei punti all'Ordine del
Giorno, in primis
riforme istituzionali e legge elettorale.
Gli aprì la porta finemente intarsiata della stanza e gli fece cenno
di precederlo. Appena varcata a sua volta la soglia, il Dr S. volse
furtivamente gli occhi alla sua destra, incrociando quelli del
collaboratore, occultato dietro un elegante paravento barocco. Gli
occhi si socchiusero rapidamente, come a emanare un ordine, al quale
lo sguardo del collaboratore rispose affermativamente. Era
il momento di mettere in pratica l'ultimo rituale. L'ultima parte
della formula.
Due
ore dopo, il Primo Ministro uscì dallo studio, fermandosi brevemente
sulla soglia per salutare con un cenno il suo anfitrione all'interno
e richiudendosi la porta alle spalle. Chiamò tutto il suo seguito e
se ne tornò nella sua sede.
“Allora,
com'è andata?”. Il suo portaborse aveva pronunciato la domanda
senza nessun tono, ma l'interrogativo era evidente nelle sopracciglia
inarcate.
Il
Primo Ministro prese tempo prima di rispondere. Indugiò con lo
sguardo su tutto l'ufficio, come se l'avesse rivisto dopo chissà
quanto tempo, come se stesse gustando ogni singola suppellettile.
Poi, a passi lenti e decisi, andò a sedersi sulla poltrona.
“È
andata benissimo. Non abbiamo sbagliato niente.”
Il
portaborse inarcò ancora di più le sopracciglia, incrementando
l'interrogativo.
Il
Primo Ministro sorrise, un ghigno che nel suo volto, stranamente,
risultò per la prima volta simpatico.
“È
ora di mettersi al lavoro. È ora di dare a questo Paese le riforme
che da tanto tempo ha atteso.” Il ghigno si aprì in un aperto
sorriso, stranamente simpatico.
Epilogo
Il
collaboratore, nello studio del Palazzo, si avvicinò al corpo
immobile, in piedi nella stanza, e lo osservò a bocca aperta.
“Minchia...!”
La
copia perfetta, inanimata, del Dr S., sembrava sorridere in un
ghigno, naturalmente simpatico.
Cesare
Bartoccioni
22/23
marzo 2015
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