René Franc - grottesco

RENÉ FRANC

“Ma sei sicuro?”
“Ma certo, dai! Ti dico che è una bestia!”
“Mah... non lo so. Cambiare così, tutto, ora che le cose si stavano mettendo bene...”
“Ah...! Quanto sei antiquato. Ma non lo capisci? Non puoi andare avanti sempre con le solite martingale multiple e le altre tue stranezze! Le cose sono cambiate, amico mio, qui non è più questione di valutare, centellinare, neanche le combinate vanno più bene, ormai. Insomma, guardati intorno, no?”
Lo sguardo di Donovan abbracciò la facciata dell'ippodromo che pullulava dei botteghini delle scommesse. Le sopracciglia arcuate palesavano il senso di disorientamento che si era impossessato di lui da quando quel suo vecchio amico gli si era ripresentato dinnanzi, dopo svariati mesi di assenza, con quella bizzarra proposta. Il Berkshire era bigio, quella mattina, e la nebbia, leggera ma pesantemente immobile, sembrava aver ricoperto di una plumbea incertezza tutta la città di Ascot.
Gli occhi di Donovan si posarono sulle frotte di scommettitori che puntavano grosso sul loro cavallo vincente, vincente, vincente... poi sulle bianche staccionate oltre le quali si stendevano i tracciati, staccionate dove, fino a qualche tempo prima, ci si poteva ritrovare tranquillamente a discutere di quel particolare sangue caldo, di quella combinazione, degli sferrati e degli stayer... e dove ora, invece, contava solo il biglietto del vincente; c'era solo quello, il cavallo del momento, il purosangue da tenere sott'occhio. I giocatori 'moderni' non sapevano neanche più distinguere un baio da un sauro... Venivano, puntavano tutto su un animale magari solo perché lo avevano sentito nominare in TV, e se ne andavano. Una fredda catena di montaggio dove prima vi era il calore delle conoscenze e delle esperienze, dove prima vi era poesia.
Sopra i botteghini, un lungo e alto cartello pubblicizzava una nota bevanda: ...is good for you!
Uno strattone al gomito distolse Donovan dai suoi cupi pensieri.
Eh, allora? Che vuoi fare? Mi vuoi dar retta o no?”
Donovan squadrò il suo amico dall'alto in basso. Rosso, lentigginoso, gli occhi di un marrone arancio, la corporatura esile faceva a pugni con il grosso ventre dove, a giudicare dall'alito, la stout e il single malt si disputavano tutto lo spazio disponibile. Non era piacevole, non era rassicurante, mandava anche un cattivo odore... eppure Donovan sentiva verso di lui una vaga e indefinita forma d'affetto.
Guarda, Brian... con quelle che tu hai chiamato 'le mie stranezze' io ci sto campando alla grande da circa un anno... quando fai le cose con calma, cercando di avere sempre il polso di tutta la situazione...”
Ma insomma, Donovan! Da quanto tempo ci conosciamo io e te, eh? Ti ho mai dato un bidone? Dai, dimmelo, ti ho mai dato una fregatura?”
Beh... un paio d'anni fa, con quella Jeannette, mi hai fatto perdere un bel po' di...”
Ma dai, Donovan, quello è il passato, no?”
Brian aveva ruotato la testa e gli occhi in opposte direzioni, con quel movimento che sapeva fare solo lui: la testa a sinistra e gli occhi che guardavano verso destra, e viceversa, allargando allo stesso tempo le braccia come a dire: “ma che c'entro io con questo?”
Mmmh... come hai detto che si chiama, questo gran campione?”
Brian s'impettì, sollevò il capo verso l'alto e inspirò profondamente, poi, con la stessa gravità di un giudice al momento della lettura di un verdetto, con una voce che voleva essere tonante e altisonante, ma che risultò pateticamente acuta e stridula, rivelò il nome del suo atout.
René Franc!”
Donovan non l'aveva mai sentito, nonostante egli fosse uno dei più antichi e assidui frequentatori dell'ippodromo.
Inglese? Arabo?”
Pff... roba superata. Macché...” Brian socchiuse le palpebre, come a sottolineare che la sapeva lunga, lui.
Beh?” Donovan cominciava a spazientirsi.
È fiammingo!”
Donovan agitò il palmo destro davanti al volto di Brian, in un gesto di rinuncia.
No, che fai? Mi proponi il trotto?”
Vieni a vederlo. Dai, Donovan, vieni, è qui vicino. Corre oggi pomeriggio. E corre nel galoppo!”
I due si spostarono fino a un recinto distante un centinaio di passi.
Il frisone, che sarebbe stato degno del Marchese De Pecchi, si stagliava dalla nebbia, nero e lucente, con tutta la sua possente figura. Donovan ne fu come stregato. Non aveva mai visto un animale così.
Davvero una gran bella bestia. Ma puntare tutto su di lui come vincente... Non lo so, Brian. Oggi corrono i migliori purosangue inglesi e arabi, sangue caldo che ha vinto in tutte le ultime manifestazioni... pensavo di puntare sul piazzato...
Brian, con il gomito, diede un colpetto al fianco di Donovan, in un atteggiamento quasi cospiratorio.
Dammi retta. Questo vince. E lo danno dodici a uno.”
Donovan squadrò l'amico negli occhi per lunghi secondi.
Come fai a dire che vince? Ha mai vinto?”
Brian, gli occhi socchiusi e il sorriso furbastro, ammiccò con il capo.
Vincerà oggi. E chi punta su di lui sbanca l'ippodromo.”
Brian strinse la mano a Donovan.
Ho una commissione da fare. Andiamo al pub stasera? Torno a prenderti qui e... mi raccomando...”, Brian ammiccò in modo più accentuato, “ricordati di me, dopo, eh?”
Donovan guardò l'amico allontanarsi e salire su una vecchia Mini rossa, poi guardò di nuovo il frisone: i due si fissarono a lungo negli occhi.
Donovan tornò verso i botteghini, come un automa: le gambe si muovevano rigide, sembrava fosse sospinto da una qualche forza oscura.
Si fermò al primo botteghino.
René Franc. Vincente.”
Quanto, signore?”
Donovan estrasse un grosso fascio di banconote. Le contò. Ne prese la metà. Allungò la mano verso il ricevitore, poi ci ripensò. Rimise insieme le banconote. Le ricontò. Le porse tutte al ricevitore.
Ottomila sterline.”
Il ricevitore sollevò in modo quasi inintelligibile il sopracciglio sinistro. Era abituato a puntate forti, negli ultimi tempi, ma il signore che si trovava ora di fronte aveva superato tutti i limiti. Fece tuttavia con scrupolo il suo dovere.
Ecco il biglietto, signore.”
René Franc partì dalle gabbie come un razzo. Superò tutti già a metà percorso. Donovan non poteva credere ai suoi occhi. Non aveva mai visto un animale, neppure il più quotato purosangue, prendere vantaggio così rapidamente e decisamente. Fece mentalmente i conti... otto per dodici... novantaseimila sterline... ne avrebbero parlato tutti i giornali. Uno spettatore di fianco a lui fece per scambiare qualche commento, sull'arabo in terza posizione, sullo sferrato che arrancava in quinta, sulla sgroppata del sauro... Donovan non gli prestò la minima attenzione. Contava solo il frisone, contava solo il vincente, contava solo il biglietto.
A tre quarti dalla fine, René Franc si piantò sugli arti anteriori, e incominciò il ballo dell'orso. A Donovan si raggelò il sangue nelle vene.
Era già notte. La nebbia se n'era andata. Brian trovò Donovan di fronte all'ippodromo ormai chiuso, seduto a braccia conserte e a capo chino sulla bianca staccionata accanto ai botteghini.
Brian camminò allegro verso Donovan con le mani alzate e allargando il sorriso.
Allora, andiamo a festeggiare? Quanto ci ha fruttato il nostro bel René?”
Donovan ristette immobile alcuni secondi. Poi sollevò a mezzo il capo e, dalle palpebre socchiuse, i suoi occhi azzurri fulminarono Brian.
Manc un franc.”

Cesare Bartoccioni
4 settembre 2015

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