UN
FAVORE PERSONALE
Le
risaie sembravano stendersi all'infinito, confondendosi all'orizzonte
con i riflessi del rosa purpureo del tramonto. Gli occhi dei due
uomini erano fissi su quella poesia di meraviglie che ogni sera il
delta del Mekong regalava come un ultimo saluto alla giornata appena
trascorsa. Le menti dei due, tuttavia, erano concentrate in pensieri
ben più prosaici.
“Che
ne pensi?”
“Niente
di buono, secondo me.”
Li
chiamavano 'i due sergenti'. Ce n'erano molti di sergenti, nei vari
plotoni dispiegati lungo il fronte, ma quando si parlava dei due
sergenti tutti sapevano di chi si trattasse: Mike e Nick erano
gli ultimi due specialisti rimasti.
“Dovremmo
aspettare a lungo, secondo te?”
“Bah...
come al solito, no? Arriva sempre sul far del buio... come se volesse
tener fede al soprannome.”
Mike
abbozzò un sorriso sarcastico. In lontananza, due contadini in
pigiama nero risalivano stancamente dalla loro dura giornata di
lavoro. Mike li indicò con un cenno del capo.
“Non
sai mai se sono Victor Charlie...”
Nick si
appoggiò alla staccionata di bambù, ultimo perimetro esterno,
effimera protezione per la compagnia Bravo acquartierata, o per
meglio dire rintanata, duecento iarde più indietro.
“Beh...
non ha più tanta importanza, ormai, non trovi?”
“Già...”
Mike ristette pensoso alcuni secondi, lo sguardo immobile sul viola
scuro che, come una cortina, stava avvolgendo cielo e risaie, ormai
non più distinguibili l'uno dalle altre.
Nick
sollevò il volto, gli occhi chiusi, nell'improbabile gesto di
volersi abbronzare alla luce della falce di luna, unico bagliore nel
buio pesto ora padrone assoluto, insieme al silenzio surreale,
dell'ultima trincea di quella guerra assurda.
“L'abbiamo
persa a My Lai, Mike. È lì che l'abbiamo persa.”
Un
sordo rumore di passi alla loro sinistra li fece scattare
all'unisono, le M1911A1 furono estratte e puntate, colpo in canna, in
un riflesso condizionato più rapido del pensiero.
“Calma,
calma, ragazzi. Sono io.”
La voce
grave e rassicurante, da baritono arrochito, suonò con un tono quasi
canzonatorio.
La
fioca luce lunare si riflesse su una testa glabra e su una faccia
sorniona. Nosferatu era arrivato.
I due
sergenti, riposte le Colt nel fodero, scattarono sull'attenti.
“Colonnello!”
“Riposo,
riposo. Non sono qui in veste ufficiale.”
Era
proprio ciò che Mike e Nick temevano.
Il
colonnello Forsythe, in contrasto con il suo aspetto bonario e
ammiccante, non era tipo da convenevoli. Come al solito, venne subito
al dunque.
“Bene,
ragazzi. Allora... voi siete intenzionati a proseguire nella vostra
specialità, spero.”
Mike e
Nick si guardarono, ma nessuno dei due rispose. Non era stata una
domanda.
Il
colonnello estrasse dal taschino una rozza cartina, scribacchiata a
mano su un foglio di carta gualcito e ingiallito. Indicò un punto
segnato da una croce.
“Riconoscete
il posto?”
I due
sergenti confermarono con un cenno del capo.
“Bene.
Sarete presi in carico da una PBR, tenente Riker, e trasportati 20
click a monte.”
Nick
abbassò il capo, allungando il collo verso il colonnello.
“20
click? … È in Cambogia, no?”
Il
colonnello espirò rumorosamente.
“Questa
non è una missione ufficiale.” Forsythe guardò i due sergenti
intensamente negli occhi per alcuni secondi. “Ve lo chiedo come un
favore personale.”
Prima
che i due potessero abbozzare una qualsiasi reazione, il colonnello
continuò.
“Avete
mai sentito parlare della cambocyber?”
Mike
ricordò un suo vecchio compagno, dato per disperso da oltre due
mesi, ormai, che gli aveva accennato, alla quarta pinta di birra,
qualcosa su una fantomatica rete elettronica stesa dalla NSA al
confine tra Cambogia e Vietnam, per intercettare le comunicazioni tra
l'esercito regolare nordvietnamita e i Charlie infiltrati intorno a
Saigon. Al tempo, aveva pensato a una delle tante leggende che negli
ultimi anni erano andate proliferando come funghi. Evidentemente,
però, si era sbagliato.
“Da
un paio di settimane non manda più segnali.” Il colonnello fece
una smorfia di disgusto. “Quelle checche del SIGINT mi stanno
facendo diventare matto. Bisogna che andate lì e la riparate. Il
tenente Riker vi sbarcherà nel posto giusto, con mappa e istruzioni.
Avrete 48 ore. Poi la PBR riparte, e a quel punto, se non sarete
tornati in tempo, vi toccherà diventare comunisti.”
Nick
scosse il capo sollevando al contempo le spalle, in un gesto pieno di
fatalismo.
“Ma a
che serve ormai, colonnello?” Allargò quindi la mano destra, come
a voler abbracciare il delta del Mekong, invisibile nel buio. “È
finita. È finita da un pezzo, ormai.”
Il
colonnello mosse un passo verso Nick, con fare quasi aggressivo.
“Sergente,
non è finita fino a quando noi non diciamo che è finita, chiaro?”
“Signorsì,
signore.” La risposta era stata automatica, come un imprinting. Ma
il tono di voce e lo sguardo di Nick dicevano esattamente l'opposto.
Questo, comunque, al colonnello non importava. Forsythe sollevò le
sopracciglia stirando le palpebre quasi a chiuderle sugli occhi, in
un'espressione che voleva essere simpatica.
“Serve
a non farmi più rompere le palle da quei finocchi. Vi sembra poco?”
Quindi riprese un atteggiamento serio, quasi professionale. “E
comunque, ragazzi... nessuno vi vuole obbligare. Ripeto: ve lo chiedo
come un favore personale. È l'ultimo che vi chiedo.”
Il
colonnello non ebbe bisogno di attendere risposta.
“Perfetto.
Grazie. Siete ufficialmente in licenza premio da ora fino al vostro
ritorno.”
Forsythe
ammiccò. Accese un fiammifero e bruciò la cartina.
---
Il
tenente Riker accolse i due sergenti, in tenuta da escursionisti, al
molo improvvisato sulle melmose acque del fiume. Il colonnello era
stato chiaro: niente che potesse minimamente rivelare la loro
appartenenza all'esercito. Si erano dovuti liberare anche delle
piastrine.
“I
sergenti Michael Yedimenko e Nicholas Kamov?”
Riker
era gioviale, un pezzo d'uomo robusto dal sorriso caldo e aperto.
“Sì,
ma anche no...” Mike gli strinse la mano strizzando l'occhio. Per
le prossime 72 ore sarebbero stati soltanto dei membri di una
spedizione scientifica intenti a risalire la riva sinistra del
Mekong, con tanto di documenti perfettamente falsificati, freschi di
stampa, forniti dalla NSA. Ora erano il geologo Yedimenko e il
biologo Kamov.
“Conoscevo
un tenente Yedimenko di Pittsburgh.” Il tenente Riker li aiutò a
caricare a bordo le due cassette di 'strumenti scientifici'.
“Sono
di Pittsburgh anch'io,” rispose Mike, “è un cognome comune, lì,
tra gli operai degli altiforni. Io sono di terza generazione.”
---
“Qui
sembra che sia tutto in ordine... certo che han fatto un gran lavoro,
incredibile.” Nick era sbalordito. Seguendo le indicazioni fornite
da Riker, i due erano giunti all'ingresso di un bunker, nascosto
sotto una lastra di roccia nel folto della vegetazione, e una volta
dentro si erano resi conto che la costruzione sotterranea si stendeva
per una lunghezza di circa mezzo miglio, scendendo ancora per altri
due livelli. Avevano impiegato più di dieci ore per controllare ogni
singola apparecchiatura, ogni trasmettitore, ogni antenna, ogni
generatore, la portanza del segnale. Tutto era perfettamente
funzionante. E anzi, dalle condizioni del luogo, si vedeva che era
oggetto di frequenti visite e interventi di manutenzione.
Mike
non era meno disorientato di Nick.
“Non
avrei mai pensato che potesse esistere una struttura del genere...
qui in mezzo al nulla... hai visto? Tutto automatico, rimandano
direttamente i segnali a qualche stazione ricevente situata chissà
dove...”
“Già...
e ti sei accorto anche di un'altra cosa?” Nick passò i
polpastrelli sulle apparecchiature, sui cavi... “Tutto anonimo,
neanche la minima indicazione che possa far risalire al costruttore,
men che meno al paese d'origine...”
“Beh,
il minimo, trattandosi della NSA...”
Mike
richiuse le cassette degli strumenti con cui avevano analizzato i
dispositivi.
“Sarà
ora di tornare, che ne dici? Ci restano poche ore di luce per
l'appuntamento con Riker.”
“Come?
Pensavo che volessi farti comunista, Mike...!”
“Sì,
beh... un'altra volta. Ad ogni modo, qui funziona tutto,
evidentemente al nostro buon Nosferatu hanno giocato un brutto
scherzo... magari hanno sperato che sarebbe venuto lui di persona...”
Mike
non riuscì a trattenere un ghigno al pensiero di come il colonnello
avrebbe accolto la notizia. Che si ricordasse, era la prima volta che
Nosferatu prendeva un granchio.
“A
proposito, chi è che gli ha messo quel soprannome?” Nick stava già
riguadagnando l'uscita, con una delle cassette in mano.
“Mah...
che io ricordi, il primo che iniziò a chiamarlo così fu il sergente
Don Johnson, te lo rammenti?”
“MIA
ad An Ninh, vero?”
“Già.
Hai buona memoria, Nick. Fu uno dei primi scontri, e c'era già
Nosferatu... a volte comincio
a credere che lo sia davvero...”
I due
uscirono dal pertugio del bunker, e vi rimisero sopra il lastrone di
pietra. A Mike passarono davanti agli occhi tutti i suoi compagni che
aveva perduto per strada, ognuno catalogato nei freddi acronimi
militari: MIA, POW... dispersi, prigionieri. Acronimi fatti
rapidamente propri dai soldati stessi, come a diluire la sofferenza
nell'asetticità di una sigla, nel barlume di speranza con cui essa
poteva ancora illudere.
Assicuratisi
che il lastrone fosse mimetizzato a dovere con foglie e rami, i due
si rizzarono in piedi e si volsero in
direzione del fiume. Si bloccarono impietriti. Le
canne degli AK47 puntati minacciosamente contro fecero
loro realizzare istantaneamente che quella sarebbe stata la loro
ultima missione.
Quelli
che impugnavano i Kalashnikov non erano Charlie in pigiama nero.
Erano soldati regolari nordvietnamiti in tutto il loro terrificante
fulgore. Chiaramente, la NSA non era la sola a sconfinare in
Cambogia.
L'ufficiale
che comandava il plotone si avvicinò, la
Makarov nella sinistra, e con la destra afferrò le cassette
gettandole al suolo. Le sfondò con lo stivale senza tanti
complimenti, e da un doppio fondo nascosto, la cui esistenza
riempì gli occhi di Mike e Nick di
sbigottimento, uscirono diverse carte scritte in cirillico.
Quelle
sì, che avrebbero permesso di risalire al 'paese d'origine'...
insieme ai loro cognomi.
Non
c'è che dire. Nosferatu li
aveva giocati ben bene, era
stato davvero l'ultimo 'favore personale'.
Mike e Nick facevano quel lavoro da oltre dieci anni, e la trappola
che era stata costruita intorno a loro si palesava ora
in
tutta la sua ovvia evidenza.
Nick
aveva detto bene, era finita da un pezzo ormai, lo sapevano tutti, ed
era chiaro che la NSA aveva voluto cancellare anche le ultime tracce
del proprio
coinvolgimento in quella sporca guerra.
Mike
e Nick erano gli ultimi due
sergenti.
Mike si chiese adesso se ciò era dipeso solo dalla fortuna, oppure
dai loro cognomi. Si
chiese anche se sarebbe stato ricordato come MIA o POW.
Cesare
Bartoccioni
12
settembre 2015
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