UNA COINCIDENZA
FANTASTICA
“Allora, commissario... è deciso?”
Il volto baffuto del maresciallo, con il suo bell'accento napoletano,
riusciva sempre a infondere allegria a Berti; era uno squarcio di
calore nelle nebbie briantine che gli davano altrimenti una costante
sensazione di gelida stretta al cuore.
“Eh, pare di sì, De Pasquale, amico mio.”
Il commissario comandava l'ufficio, ma non c'era mai stato verso di
costringere il maresciallo a farsi chiamare per nome. Gli poteva dare
del tu, ma in quanto alla gerarchia, De Pasquale ne aveva un'idea
tutta sua, ed era irremovibile.
Berti fece girare lo sguardo su quello che fino al giorno prima era
stato il 'fortino' da cui aveva condotto, negli ultimi anni, una
serrata e proficua lotta alla criminalità organizzata e alle sue
infiltrazioni nel 'profondo nord'. Connivenze industriali e
politiche, rapine finanziare di dimensioni inverosimili, banche
colluse e in diversi casi di diretta proprietà delle cosche.
Ne aveva fatte saltare, di teste, Berti.
Ora toccava alla sua.
Gli scatoloni erano già ben ordinati sulla sua scrivania, pieni dei
suoi effetti personali accumulatisi in cinque anni di lotta a un
sistema di mafie al cui confronto la Sicilia figurava come un
palcoscenico da operetta.
Gli avevano chiesto il trasferimento. Con tanti complimenti, con
tante belle pacche sulle spalle, ma gliel'avevano chiesto senza tanti
preamboli. Berti ricordava con un senso di disgusto il colloquio
avuto pochi giorni prima con il Ministro dell'Interno.
“Caro Berti, lei ha fatto grandi cose per questa città e per
tutta la regione, ma che dico?, per l'intera Nazione. Le Istituzioni
e i cittadini le saranno sempre grati. Ma purtroppo, e lo dico
davvero a malincuore, la sua presenza qui rischia di diventare un
elemento destabilizzante.”
“Destabilizzante? Signor Ministro, è destabilizzante scoprire
il marciume ed estirpare i cancri della società?”
“Caro Berti, mi ascolti. Questo nessuno lo mette in dubbio. Ma
le persone da lei... estirpate... banchieri, imprenditori,
finanzieri... insomma, glielo dico in modo diretto, hanno urtato le
sensibilità del partito locale, nostro alleato di Governo.”
“Ah, bei ceffi anche loro. L'ignoranza bestiale fatta politica.”
“Insomma, Berti! Lo so che lei ha ragione, e le garantisco che
il suo lavoro sarà rispettato e i suoi risultati difesi e mantenuti.
Le do la mia parola d'onore. Ma dobbiamo pensare alla tenuta
politica, altrimenti sì, che rischiamo di rovinare il buon operato
svolto. Mi ascolti, Berti. Lei può scegliere di trasferirsi in
qualsiasi commissariato desideri, nel ruolo di comando. Ma deve
lasciare questa città.”
“Signor commissario, non possono farle questo. È uno schifo. Con
tutti quelli che ha spedito in gattabuia, soprattutto adesso che
stavamo mettendo le mani sul traffico di rifiuti!”
“Eh, già, mio buon De Pasquale... guarda caso, eh?”
Il maresciallo ristette pensoso, abbassando gli occhi. Si vedeva che
era davvero abbattuto per la situazione presente. Emise un rumoroso
sospiro.
“Se almeno fossimo riusciti a mettere le mani sul 'Padrino', eh,
commissa'?”
Berti accennò un sorriso malinconico.
“Ma non ci siamo riusciti. È riuscito lui invece a scappare sempre
dalla rete. Messaggeri, pizzini, familiari, amici, luoghi
frequentati, persone sospette, tutto sotto stretta sorveglianza, e
lui sempre a sgusciare come un'anguilla... Con tutto che sappiamo
anche benissimo che faccia ha. L'abbiamo fotografato da ogni
angolazione, negli ultimi sei mesi, ma non siamo mai riusciti a
pizzicarlo con le mani in pasta. Bah, inutile piangerci sopra, quel
che è fatto è fatto. La caccia è finita.”
Il 'Padrino' era stato la spina nel fianco di Berti e di tutto il
commissariato. Capo indiscusso del sistema del traffico illecito di
rifiuti industriali, spesso altamente tossici, e collegamento con le
cosche del napoletano che si incaricavano dello 'smaltimento'. Era
abile a sfuggire a ogni tipo di trappola, non importa quanto
raffinata, tanto che Berti si era convinto che avesse diversi 'santi
in paradiso'.
“Dove andrà, commissario?”
“Non ho ancora deciso. Il Ministro mi ha dato carta bianca... anche
se in realtà è più un cartellino rosso. Forse tornerò dalle mie
parti, a Rimini. C'è molto da fare anche lì...”
Berti si avvicinò a De Pasquale, che se ne stava seduto, e gli posò
la mano destra sulla spalla sinistra, in modo quasi fraterno.
“Prenditi qualche giorno di ferie anche tu, no? Tanto qui ci sarà
poco da fare fino all'arrivo del nuovo commissario. Fai come
l'ispettrice, che se n'è andata al Lago di Garda... la prima vacanza
in cinque anni. Te la meriti anche tu.”
“Commissario, io dentro teng' 'a muntagna, mi sembra di avere il
Vesuvio che sta per esplodere. No, non mi divertirei in vacanza.
Voglio starmene qui a vedere cosa succede e conoscere per primo il
tizio che arriverà. Devono stare attenti, con me!”
“Su, su, maresciallo. Stammi tranquillo eh?”
“Eh...”
“Bene, ora vado a casa, porto via le mie cose. Se non vai in
vacanza ci vediamo domani, vengo a presentare la domanda di
trasferimento, anzi... la risposta di trasferimento... eh... e magari
andiamo a mangiarci una pizza domani sera, eh, De Pasquale?”
“Certo, commissario, certo. Ma andiamo dove dico io, eh?”
La sera, a casa, Berti ristette un lungo tempo sul balcone, a
rimirarsi la fine di quel ramo del lago che volge a mezzogiorno, tra
due catene non interrotte di monti. Il bicchiere di birra in mano era
l'unica cena che potesse mandar giù, e il senso di schifo che gli
era salito dentro non gli permetteva neanche di gustarsela, quella
birra.
Beh, tanto valeva avvisare casa. Almeno a Rimini non c'era la nebbia,
solo le fogne che scaricano in mare a ogni pioggia. Ci sarebbe stato
da lavorare...
Si sedette alla scrivania e accese il computer per mandare una e-mail
alla sorella.
Saluti dal Lago di Garda
L'ultimo messaggio arrivato era
della sua collega, l'ispettrice Cipani, una risorsa insostituibile
nella lotta senza quartiere portata avanti con sacrificio e
abnegazione, oltre allo sprezzo del pericolo. Tra lui, l'ispettrice e
il maresciallo, avevano
subito un totale di sette
attentati. Berti si
mise a leggere il messaggio
mentre con la mano destra si massaggiava la spalla sinistra, dove il
proiettile calibro 7,62 del Kalashnikov aveva fortunatamente (il
dottore aveva detto miracolosamente)
trovato le parti molli fuoriuscendo senza eccessivi danni.
Non
c'era nessun testo scritto, solo una bellissima foto.
Berti si sistemò comodo sulla sedia
e osservò l'immagine del lago, le montagne sullo sfondo, la bella
spiaggia vergine incorniciata da arbusti verdi e violetti. Alcuni
bagnanti sulla riva.
Gran bello
scorcio. Gran bella
foto.
Si alzò per stiracchiarsi e per
raccogliere un po' le idee, pensando a come avrebbe iniziato la
lettera per la sorella.
Improvvisamente si bloccò. Si
irrigidì. Poi si batté il palmo della mano destra in fronte.
Tornò immediatamente a sedersi,
scrutando di nuovo la foto del Lago di Garda.
Incredibile. Impossibile. Grande
Cipani, grande!
Uno dei tizi nella foto, piccolo
piccolo nella panoramica dell'immagine, di spalle ma, per Berti,
perfettamente riconoscibile. Era LUI! Il 'Padrino'!
La mattina dopo, De Pasquale si vide
arrivare in ufficio un Berti sorridente e allegro come non l'aveva
visto da mesi.
“Buongiorno, commissario.
Allora... è contento di tornare a casa, vedo... ha già inoltrato la
domanda... pardon, la risposta di trasferimento?”
“Sì, De Pasquale, sì.” Berti
lo stava guardando con un sorriso quasi canzonatorio negli occhi. De
Pasquale sembrava, con gli occhi suoi, chiedere conferma della
destinazione.
Berti gli sorrise, un sorriso che
conteneva amicizia, fratellanza, bontà... e trionfo.
“Monza, De Pasquale. Si va a
Monza.”
“Monza?” De Pasquale abbassò
leggermente il capo continuando a guardare Berti negli occhi, come se
volesse indagare dentro
il cervello del commissario.
“Sì, De Pasquale, Monza. E venite
anche tu e la Cipani.”
La caccia non
era finita.
Foto di Vincenza Pacini
3 agosto 2015
3 agosto 2015
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