Véronique
e Carlo Magno
"Merde!"
Non c'era verso. Non partiva. Non importa
quanto provasse, ma non partiva.
La pioggia battente sul parabrezza,
implacabile, offuscava alla vista quello che fino a poco prima era
stato un parcheggio, mentre ora le sembrava di essere immersa in un
nulla acquatico di grigio.
E dire che la giornata era iniziata
davvero bene.
Colazione al Marché con le amiche, belle
chiacchiere, allegre risate. Appena tornata in macchina era iniziato
il nubifragio. Aveva sorriso, pensando di essere stata anche
fortunata a beffare il diluvio. Eh sì, bella la vita.
Poi aveva girato la chiavetta. E il mondo
allegro luminoso elettrizzante le era imploso in un vortice di triste
oscurità nella quale il suono elettrico dell'avviamento impotente
era l'unico rumore che la sua mente non avesse escluso dallo stato di
incredulità che l'aveva pervasa.
"Merde! Merde! Merde!"
Non c'era più il parcheggio, non c'era
più la Ville, non c'era più Parigi, non c'era più l'intera
Francia! Solo la pioggia, martellante, battente, irrispettosa, il cui
ritmo osceno sulla carrozzeria dell'auto stava ora riprendendo
possesso dei suoi sensi.
Al diavolo. Doveva reagire.
Il telefono. Certo. Semplice.
Allungò la mano destra nella borsetta
appoggiata sul sedile del passeggero, e osservò l'oggetto che si era
ritrovata nel palmo. Lo smartphone che fino a poco prima aveva usato
per la chat e per i social era, in fin dei conti, un telefono. E ora
avrebbe assolto la sua funzione originaria.
"Servizio Trova Numeri, sono Nicole,
come posso esserle utile?"
La voce era rotta da scariche elettriche,
suonava gracchiante, per nulla toccata dalla gentilezza che le parole
pronunciate avrebbero invece voluto comunicare.
"Mi serve un meccanico! Urgente!"
"Specificare meglio la richiesta,
prego. Le serve un odontotecnico?"
"No, no, no! Dannazione, mi serve un
meccanico di automobili!"
Si era accorta di aver risposto in
maniera per nulla cortese, ma ormai era troppo tardi e, francamente,
non gliene poteva fregare di meno.
"Mi scusi, signorina, ma la
ricezione è un po' disturbata. Se mi dice dove si trova la metto in
comunicazione con l'officina più vicina".
"Rue Cler, ma non so il numero...
vicino al Café du Marché."
"Bene, la metto in comunicazione.
Attenda in linea".
Attese lo squillo guardandosi nel
retrovisore. Lo specchietto di cortesia rifletteva il suo piacevole
volto ovale, la carnagione olivastra enfatizzava il giada dei suoi
occhi, due gemme incastonate ai lati di un bel naso grande e regolare
che dava il tocco finale di perfezione al viso unitamente alle labbra
carnose. Gli occhi erano però velati da un'espressione di sconforto
che lo specchietto, per nulla cortese, impietosamente mostrava. Stava
ravviandosi i lisci capelli scuri quando una voce burbera la scosse,
altrettanto scortese.
"Officina Saint-Ives!"
"Ah... sì, salve. Ho... la macchina
ferma."
La voce dall'altra parte sbuffò.
"Tutte oggi, eh?"
"Come, scusi?"
"Niente, niente. Mi descriva un po'
che succede."
"Mah, non so, sto girando la
chiavetta ma l'auto non parte. Provo e riprovo ma..."
"Smetta di provarci, rischia di
mandare a terra la batteria."
Seguì un tempo di silenzio che a lei
parve senza fine. Pensò che la linea fosse caduta.
"Ascolti..."
"Sì?".
"La macchina le ha dato qualche
problema nei giorni scorsi?"
Véronique cercò di ricordare. In
effetti...
"In effetti... sì, ora che ci
penso. Mi faceva un po' di fumo, e andava piano anche spingendo
l'acceleratore, poi all'improvviso scattava come una Ferrari. Ah,
dopo non faceva più il fumo."
"Perfetto! Ho capito, signorina."
Un ampio e luminoso sorriso fece brillare
il volto di Véronique.
"Bene, allora me la può aggiustare?
Riesco a tornare a casa?"
"No."
Il sorriso di Véronique sparì
all'improvviso. Il "No" secco del meccanico era stato come
un colpo di maglio allo stomaco.
"Ma... io..."
"Non si preoccupi, si risolve; ma ci
vorrà qualche giorno. È la dannata valvola EGR."
"Che?"
Véroniqe non sapeva neanche che
esistesse una valvola con quel nome.
"Lasci perdere, inutile spiegarlo.
Per farla breve, la brutta notizia è che per cambiare la valvola
spende un occhio della testa."
Véronique guardò di nuovo,
istintivamente, lo specchietto di cortesia. I suoi occhi giada erano
ora spalancati.
"C'è... c'è anche una bella
notizia?"
La risata del meccanico non suonò per
nulla allegra.
"Sì, quella maledetta valvola si
può escludere. Le posso fare una piccola modifica facendole spendere
una cifra irrisoria."
"Ah, beh... non so, faccia lei... ma
se è utile..."
"Senta, inutile perdere tempo al
telefono. Ora la vengo a prendere con il carro attrezzi, e tra un
paio di giorni potrà tornare a ritirare la macchina."
"Ma... come torno a casa?"
Il meccanico aveva già riagganciato.
Véronique aspettò e aspettò. La
pioggia non accennava a diminuire, anzi, se possibile, sembrava
aumentare.
Un vago stato d'ansia cominciò a
impadronirsi di lei. Pensò che il meccanico non si sarebbe fatto
vivo finché la pioggia non fosse finita.
Il pensiero di essere bloccata, senza
poter far nulla, prigioniera, in una città come Parigi, dava alla
situazione il tocco finale dell'assurdo. Il surreale permeava lo
spazio e il tempo intorno a lei.
Come faceva quell'aria...? 'In questo
affollato deserto che s'appella Parigi...' o qualcosa del genere.
Il battito deciso sul vetro della
portiera la destò di soprassalto dai pensieri.
Il meccanico, pensò.
Non poteva vedere bene la figura, la
pioggia incessante avvolgeva tutto in una bolgia informe di bianco
grigiore.
Aprì il vetro solo di un centimetro,
anche per non essere allagata.
"Sì?"
"Apra la vettura, Principessa!"
La voce, baritonale, decisa e avvolgente,
non sembrava per nulla quella del meccanico al telefono.
"Ma... chi è lei?"
"Sono qui per aiutarla."
In quel momento la pioggia calò
all'improvviso. Fu solo un attimo, ma Véronique poté vedere, per un
solo istante, la figura che stava in piedi al lato della macchina. Un
uomo alto e possente, che sembrava vestito con una tunica bianca
cinta alla vita e... una corona in testa? Era davvero una corona? A
Véronique sembrò di scorgere anche un grosso cavallo bardato di
tutto punto alle spalle dell'uomo. Ma fu solo un batter di ciglia. La
pioggia riprese e riavvolse tutto nei suoi turbini.
"Mi presento, gentil pulzella. Carlo
Magno! Per servirla. Su, avanti, Principessa, non abbiamo molto
tempo, apra la vettura."
Col cavolo che avrebbe aperto. Doveva
trattarsi di un pazzo. Richiuse il vetro e azionò la sicura delle
portiere, sperando che il meccanico arrivasse presto. Prese di nuovo
il telefono... sì, era proprio un telefono... pronta a chiamare la
polizia.
"Bene, Principessa. Sempre la
stessa, eh? Non mi lascia altra scelta."
La pioggia tornò a diminuire, e
Véronique distinse la figura muoversi verso la parte anteriore
dell'auto. Giunto di fronte al cofano, l'uomo estrasse lo spadone che
aveva al fianco, lo sollevò a due mani e, dopo una penetrante
occhiata attraverso il parabrezza nei begli occhi di giada, calò il
fendente.
Véronique chiuse gli occhi, e l'auto fu
scossa da un colpo tremendo. Le tremò tutto intorno e la vibrazione
le giunse nitida al cervello facendola quasi svenire.
Appena poté, riaprì gli occhi.
Non c'era più niente. Niente pioggia,
niente cavaliere pazzo. Il parcheggio era tornato a essere quello del
tempo in cui vi aveva parcheggiato l'auto: un secolo fa, le sembrava.
Volse lo sguardo all'esterno, oltre il
vetro della sua portiera, ed ebbe un sobbalzo che quasi le fermò il
cuore. La figura sporca, unta e grassa stava ritta di fronte a lei,
ridendo in un ghigno di sufficienza. Il carro attrezzi era già stato
avvicinato all'auto. Doveva essere il meccanico.
Questi le fece cenno con la mano di
abbassare il vetro. Un gesto stanco e tanto sufficiente quanto il suo
ghigno.
Véronique obbedì.
"Provi a riavviare il motore. Sono
già sicuro che non partirà, ma voglio sentirlo di persona."
Véronique girò la chiave. L'auto si
accese senza alcun problema.
L'espressione sorpresa sul volto del
meccanico cancellò immediatamente la boriosa aria di sufficienza con
cui stava guardando Véronique dall'alto in basso. Véronique non
poté trattenere un ghigno di soddisfazione.
Incredulo, il meccanico fece aprire il
cofano, controllò l'auto, prese una strana scatoletta dal carro
attrezzi e la collegò all'interno. Véronique non era scesa dalla
macchina. Si stava godendo la scena. Gli occhi riflessi nello
specchietto di cortesia non erano più velati dallo sconforto, ma
fulgevano ora in tutto il loro splendore.
Il meccanico, egli sì sconfortato,
rimise a posto la strumentazione, chiuse il cofano e tornò verso
Véronique.
"Ma... aveva già cambiato la
valvola ultimamente?"
Véronique corrugò la fronte.
"Guardi, questa macchina ce l'ho da
quattro anni, e l'unica cosa che abbia mai fatto è stata mettere la
benzina. Per il resto non ci capisco nulla."
"Eppure..." il meccanico era
visibilmente ingarbugliato. "Eppure... sembra che la valvola sia
stata appena cambiata. È venuto qualcuno prima di me?"
Il meccanico aveva un tono sconsolato,
come se avesse subito un tradimento.
Véronique gli sorrise compassionevole.
"Sì. Carlo Magno."
Il meccanico si irrigidì, come se avesse
incassato una sferzata.
"Cos'è... uno scherzo?"
"No, mi scusi... stavo pensando al
mio cane."
Il meccanico chiuse gli occhi in due
fessure, tra l'offeso e il confuso.
Véronique aggiunse in fretta: "Le
devo qualcosa, per la chiamata?"
Il meccanico si rilassò. Si passò la
mano destra sul capo, grattandoselo nello sesso tempo in cui si
toglieva il sudicio berretto.
"No, no. Lasci perdere."
Véronique lo salutò con la mano.
Ingranò la prima e partì.
Il sorriso luminoso e gli occhi brillanti
furono riflessi dallo specchietto retrovisore, in una luce giada
abbagliante che avvolse tutta Parigi.
Cesare Bartoccioni
15 luglio 2014
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